Selvatico o coltivato? Animali vivi o morti?

Torrione di Spilamberto

Strano incontro quello di ieri sera (20 aprile 2015), al torrione di Spilamberto, organizzato dal PD locale http://www.pdmodena.it/2015/04/16/spilamberto-lunedi-20-aprile-liniziativa-ambiente-bene-comune/

…sembrava che ognuno parlasse del suo argomento, ma non ho visto una sintonia di intenti. Soprattutto sono rimasta alquanto allibita dall’incipit di Lamandini: “Selvatico deriva da silva, selva o bosco. Il mondo è fatto di opposti: luce-buio, nero-bianco e, se lo riferiamo al territorio, selvatico e coltivato….”, come se il coltivato fosse l’opposto del selvatico. Ha detto anche mi pare che non c’è niente di meno naturale dell’agricoltura, ma forse ero talmente scioccata dall’ affermazione precedente che ho frainteso.

Che l’agricoltura intensiva, come ormai ci pare normale che sia, possa avere degli aspetti contro-natura (eliminazione di piante erbe e animali autoctoni per far posto alle coltivazioni o agli allevamenti, uso di pesticidi, concimi chimici, diserbanti, antibiotici nell’allevamento) non ci può far pensare che non sia possibile un’altra agricoltura, più in armonia con la natura e soprattutto, dove sia lasciato spazio a zone di terreno naturale con alberi, erbe e siepi spontanei, che possano fungere da “nido”, da habitat per le specie selvatiche che magari altrimenti vanno a danneggiare l’agricoltura.
Senza considerare che la Terra non è nostra e che se l’uomo se ne è appropriato, l’ha fatto a suo rischio e pericolo e quindi ci sta anche che una parte del raccolto sia devoluta ai selvatici.

capriolo ucciso a Spilamberto

Si è parlato del ruolo dei cacciatori, alcuni di questi presenti, negli ultimi dieci anni sempre più indispensabili all’agricoltura (sempre secondo il relatore), in una visione “lungimirante”, ma io in una visione lungimirante ci avrei visto anche un riadattamento dell’agricoltura con una sempre maggiore conversione al biologico, anche perché è il mercato che la chiede ( ci vorrebbe solo un po’ più di coraggio anche da parte delle amministrazioni pubbliche ad incentivarla), e una crescita dei predatori. Si è gridato “al lupo al lupo” dimenticando che è sempre stato il lupo, ma anche i grossi rapaci (poiana, ed io non sono un’esperta di rapaci), a contrastare lo sviluppo dei caprioli, cervi, ecc. ma anche di piccioni, tortore ed altri uccelli “nocivi”. Ho personalmente assistito in via Ghiarole ad un pasto di una poiana a base di piccione. Poi ci sono le nutrie…. che non sono più nell’elenco delle specie selvatiche… e allora chi le contiene? Vedere il cacciatore come il santo e l’indispensabile ed unico fattore di riduzione della popolazione selvatica così dannosa, mi sembra poco corretto.

Lamandini ha poi dato dei numeri sull’entità delle popolazioni e su quella dei danni causati, sinceramente, lavorando in ambiente agricolo da 25 anni non ho avuto una percezione corrispondente ai dati forniti, ma forse sono poco informata. In 25 anni mi è capitato solo due volte di essere chiamata per presenza di caprioli morti per la strada a causa di incidenti e non ho mai sentito di agricoltori, nel corso dei miei sopralluoghi, lamentarsi per i danni causati dai selvatici. Eccezion fatta per i piccioni e per qualche cane vagante a caccia di galline. D’ora in poi sarà mia cura chiedere …

Ed oggi stesso ho chiesto ad un allevatore visitato e mi ha confermato che si, qualche alberello scortecciato l’ha avuto, ma ci sta, nell’ecologia del sistema e ha convenuto che si, se ci fossero zone lasciate naturali probabilmente i selvatici occuperebbero quelle, ma dato che il reddito dell’agricoltore è misero e che non c’è corrispondenza tra il prezzo del prodotto rispetto al lavoro e ai costi, non si può lasciare niente di incolto.

Ho notato però che aveva un bel campo, un primo taglio di medica che medica non era…. era pieno di fiori gialli (Picris?)!

Mi sono trovata invece abbastanza d’accordo con le idee della Claudia Fortunato che auspica uno sviluppo urbanistico futuro basato su una riscoperta di una socialità e una condivisione anche se parlava più che altro di situazioni di difficoltà economica mentre credo che sarebbe un bene estendere questi progetti, soprattutto per il recupero dei tanti fabbricati dismessi, anche rurali, ma forse per questo non siamo ancora maturi, non abbiamo toccato ancora il fondo dell’egoismo e dell’isolamento…

Caterina Regazzi

Caterina Regazzi a Spilamberto

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