Marchigiani illustri: Carlo Urbani –  E le malattie dimenticate

*

15 maggio 2022 – Dalla Pagina Facebook del dr. Fabrizio Salvucci: “Oggi toccata e fuga a Castelplanio (AN) per restituire il libro di Carlo Urbani alla famiglia. — felice.”

*

Buongiorno, dottor Salvucci. Le scrivo a proposito del libro “Le malattie dimenticate”, ma non solo. 

Dopo aver visto il  suo video su Carlo Urbani *, ho subito cercato il libro citato che però, purtroppo, è esaurito e chissà se e quando verrà ristampato (speriamo, ho anche pensato che bisognerebbe inondare la Feltrinelli di mail di richiesta).

L’ho trovato in prestito in una biblioteca di paese, l’ho preso e me lo sto bevendo (sono alle appendici finali, in particolare quella dove si parla della scuola parassitologica italiana). Mi è venuta anche un po’ di nostalgia, tanti di quei nomi li conoscevo già un po’ perché a quei nomi sono intitolate scuole, strade e piazze, un po’ per i miei studi di veterinaria alla Facoltà di Bologna, durante gli anni ’78-’84. Le malattie parassitarie e anche infettive, per gli animali domestici (e anche selvatici) sono sempre state un problema, risolto o almeno contenuto almeno nei paesi “evoluti” grazie alle norme igieniche e alla facilità di avere a disposizione farmaci e vaccini adeguati. Possibilità che non erano e non sono così scontate nei paesi “in via di sviluppo”; difficoltà con cui Carlo Urbani si sarà dovuto confrontare durante la sua, purtroppo, per lui e per noi, pur breve carriera. 

Durante i primi tempi della pandemia da covid 19, spesso ho avuto modo di riflettere sulla risposta che noi veterinari abbiamo dato all’arrivo del  vaccino (dei vaccini) contro il covid 19. Nella Ausl dove lavoravo non ci sono stati dubbi sull’obbligo di vaccinarsi (o ci sono stati in rari casi, più che altro per la tipologia di questi vaccini, a materiale genetico e non sperimentati a sufficienza). 

Per noi l’uso dei vaccini per la prevenzione delle malattie infettive degli animali domestici è sacrosanto. Se gli animali non contraggono certe malattie infettive potranno essere meno soggetti a trattamenti a base di antibiotici (molto semplificando). E l’abuso dell’uso di antibiotici in veterinaria è un problema già da anni sentito, per il rischio di avere residui nei prodotti di origine animale. Per cui, per noi veterinari pubblici, la gestione sanitaria di un allevamento, specie se di medie o grandi dimensioni, è tanto più affidabile se vengono utilizzati i vaccini mirati per quella specie e per le patologie più diffuse nella zona.

Per quanto riguarda gli umani, la malattia data dal covid 19 all’inizio era considerata abbastanza grave. Diversi colleghi, che conosco personalmente, sono stati ospedalizzati prima dell’arrivo del vaccino ed io stessa ho fatto le prime due dosi di Pfizer sapendo che facevo parte di una sperimentazione e, ovviamente,  per avere una qualche protezione. Dopo la seconda ho avuto un pò di febbre ed ho fatto la mia brava segnalazione di farmacosorveglianza al ministero. 

Leggendo il libro di (su) Carlo Urbani mi sono chiesta spesso cosa ne avrebbe pensato lui di questa “nostra” epidemia e cosa ne avrebbe pensato dei vaccini e delle modalità di gestione del tutto.

Peccato non aver avuto tra gli “esperti” del ministro Speranza, un Urbani. Un medico umano, competente, autorevole, che avrebbe saputo riunire la necessità di frenare l’epidemia con il diritto alla libertà di scelta!

La saluto con affetto, la seguo sui social e mi sembra di conoscerla già. Grazie per il suo impegno e la sua umanità.

Caterina Regazzi – Veterinaria

Tra Spilamberto (MO) e Treia (MC)

Lascia un commento