Monsanto – Tutto quel che c’è da sapere sulla fabbrica dei veleni

La Monsanto, specialista in erbicidi e defolianti, nel 1960 ha prodotto il famigerato “agente arancione”, uno dei più temibili defolianti usati durante la guerra in Vietnam. Attualmente la Monsanto produce l’erbicida Roundup.
E’ stata al centro di vari processi per violazioni che vanno dalla contaminazione ambientale, alla pubblicità ingannevole, alla violazione delle norme sulla sicurezza.
Nel 1995 la Monsanto ha danneggiato l’ambiente scaricando 1.800 tonnellate di sostanze inquinanti nell’aria, nei fiumi, nei suoli. Monsanto produce anche l’ormone BCH per la crescita forzata dei bovini da macello, ormone ritenuto da molti scienziati cancerogeno.
Monsanto, inoltre, da qualche anno si dedica alla manipolazione genetica, brevettando, insieme all’Astra-Zeneca, sementi che si possono usare per un solo raccolto, innestando la cosiddetta “tecnologia della morte” che priva le comunità agricole della loro secolare conoscenza di salvare i semi.
Risultato di questa operazione è favorire un regime di monopolio sulle sementi che nutrono il mondo, e di renderne uniche beneficiarie le multinazionali del settore.
(Fonti: The Ecologist, febbraio 1999 e Homepage di Boycott!, Homepage di Manitese)
Tratto da http://digilander.libero.it/ginanni/documenti/consumo.htm

Storia della Monsanto
Tratto dal libro: “Transgenico NO”, Malatempora
La chiamano la Microsoft del transgenico, del biotec, ma lei non dovrebbe essere divisa in due o tre, dovrebbe essere spazzata via, messa in condizione di non fare danni spaventosi, come ha fatto, sta facendo e farà, se non sarà fermata.
La storia. Nasce nel 1901 a East St. Louis, nell’Illinois, come produttrice di saccarina. Nella grande crisi del ’29 mentre milioni di americani senza lavoro non riescono a mangiare, lei si mangia una ditta che ha giusto messo a punto un nuovo composto, i policlorobifenili, detti PBC. Sono inerti, resistenti al calore, utili all’industria elettrica allora in grande espansione e come liquidi di refrigeranti nei trasformatori.
La Monsanto fa i soldi, ma già negli anni Trenta viene fuori che il PCB è un composto chimico tossico, ma l’elettrico è troppo importante, e la Monsanto va avanti pressoché indisturbata.
Negli anni Quaranta si occupa di diossine e comincia a fabbricare l’erbicida noto come 245T, il nome gli deriva dal numero di atomi di cloro del famigerato composto. Così efficace che già negli anni Sessanta le grandi praterie americane, così infestate, diventano «silenti» ed uscirà un libro famosissimo a denunciare “the silent spring”, la primavera silenziosa, senza uccelli, che darà il via alle prime campagne ecologiche americane.
L’erbicida è così potente che l’esercito americano lo usa come defoliante nella sua guerra in Vietnam, dove concepisce l’idea demenziale che distruggendo tutte le foglie degli alberi del Nord e Centro Vietnam riuscirà a scovare i Vietcong. Che invece arriveranno fino a Saigon, e faranno scappare l’ambasciatore americano dal tetto dell’ambasciata, con la bandiera a stelle e strisce arrotolata, sotto il braccio, mentre si alza su un elicottero che lo riporterà via, per sempre. Ma questa è un’altra storia.
La Monsanto, durante tutta quella sciagurata guerra, la prima che gli Americani perdono nella loro storia, ha venduto all’esercito il tristemente famoso “agente orange”, un misto di 245T della Monsanto e del 24D della sua rivale Dow Chemical, sua alleata per la patriottica distruzione delle foreste del Vietnam.
Scienziati ed opinione pubblica, oltre alle diserzioni in massa dei giovani americani fanno sospendere, nel 1971, lo spargimento dell’agente orange, di cui si conoscono gli effetti delle diossine sull’ambiente.
Ed è cancerogeno, ha provocato danni immunitari e alla riproduzione che non hanno finito di fare male ai vietnamiti. Come si vede, la Monsanto viene da lontano davvero. Ma questo è ancora poco.
Negli anni Ottanta scopre il glifosato, sostanza base per molti erbicidi, e soprattutto del tristemente famoso Roundup.
Il Roundup è un pesticida potente, e conveniente, che dà alla Monsanto profitti del 20% annui, proiettandola ai vertici. Però ha un difetto: fa male agli umani.
I disordini provocati dal glifosato sono noti e documentati, ma le lobbies pro-pesticidi sono ormai potentissime, inarrestabili.
Il solo piccolo neo di questi tempi, mentre leggete, gli scade la patente del Roundup, insomma, la fine della pacchia. Ma ormai la Monsanto, da grande multinazionale qual è, sa guardare lontano.
Nel 1997 scorpora chimica e fibre sintetiche e le mette in una società di nome Solutia e spende miliardi (di dollari) che le vengono dai profitti del Roundup nel campo biotech, che, insieme a quello del software, sta diventando il darling di Wall Street. Capisce alla svelta che quello sono le due grandi strade del futuro: informatica e biotecnologie. La Monsanto viene fuori con la grande pensata.
La grande pensata è questa: fabbrichiamo una specie di semente resistente al glifosato, così possiamo vendere le sementi super-resistenti, che si chiameranno Roundup ready, insieme al Roundup stesso. Così possiamo continuare a prendere due piccioni con una fava: vendere le sementi, e ancor più pesticida Roundup, un pacchetto doppio che abbiamo solo noi.
Splendido, no?
Così, dal 1997 la Monsanto comincia a vendere soia, mais e colza transgenici, cioè con un gene che, dice lei, li fa resistenti al Roundup. Ci prova anche con il cotone, ma gli va male. Però soia, mais e colza vanno bene, e arriveranno, per vie traverse e spesso complicate, sulle tavole di tutto il mondo, ormai abituate a prodotti con dentro di tutto.
Basta che siano colorati, pubblicizzati e venduti nei supermercati come prodotti nuovi, con i nomi degli ingredienti così piccoli che non li legge neanche un notaio di Catania.
E non è finita. Nel 1998 una delle nuove aziende Biotech, la Delta e Pine Land, si è inventata e brevettata una tecnica di nome «sistema di protezione della tecnologia» che è una modifica genetica alla pianta, a molte piante, che le fa sterili. Come ogni persona di buon senso può capire, è peggio della bomba atomica.
Possono sterilizzare una pianta, e quindi, se ti costringono a usare i loro semi, te li possono rivendere anno dopo anno: sei nelle loro mani peggio di quanto il contadino servo della gleba del medioevo era nelle mani del suo signore feudale.
Il brevetto prende il nome di Terminator. La Monsanto, dopo due mesi dal brevetto, si compra la Delta & Pine Land, con l’evidente scopo di vendere le sementi transgeniche, che vengono chiamate «suicide» ai mercati dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina.
… Ma la verità, si sa, alla fine viene fuori, e le bugie hanno le gambe corte.
Un giornale tra i pochissimi, The Ecologist, inglese, fa un numero speciale sul transgenico, e fa i nomi della gente delle lobbies che hanno fatto passare le leggi sui brevetti. Sono spesso quelli che poco prima erano nel biotech: era così e lo è ancora nel farmaceutico come negli armamenti, la chiamano la «revolving door». Entrano nelle multinazionali e escono dalle lobbies o dalle burocrazie ministeriali che decidono, e viceversa, da sempre.
La Monsanto e quelli del biotech premono sulla distribuzione del giornale, e lo fanno saltare. Ma alla fine esce, in inglese, in francese e in spagnolo e com’è come non è, in pochi mesi l’Europa si allerta ai transgenici, e al Terminator, suo aspetto  più orrificante, e non vuole ne soia ne altro di quel genere. (…)
La Monsanto si fonde con Pharmacia Upjohn, che fa un marchio separato per il transgenico agricolo, Che vogliono spacciare, spacciare è il termine giusto, anche in Italia, nel nome della fame del mondo, e dei prodotti che contengono la vitamina qui, e l’antibiotico là.
Con la connivenza, ovviamente, dei giornali e TV, insomma del mediatico tutto, che bisogna vi abituate a considerare per quello che è: la longa manus dei peggiori profittatori. Se poi ci siete chiesti cosa c’era di così terribile nel numero di The Economist, la risposta è: tutto. Dalla storia che ormai ha fatto il giro del mondo, denunciata in prima battuta da «Pure food» gruppo di ONG che hanno tirato fuori la sempreverde combine della revolving door, della porta girevole che funziona da sempre per le industrie belliche, i ricercatori e gli uomini chiave passano dall’industria alle organizzazioni statali che queste controllano.
Cioè controllori e controllati sono sempre le stesse persone, che da quella porta girevole passano, ogni due o tre anni.
Nel nostro caso, è una ricercatrice della Monsanto, chiamata dalla FDA a controllare le sue stesse ricerche. Lo stesso per una certa Ann Foster, passata da direttrice dello Scottish Consumer Council alla Monsanto, ed ancora membro di diverse commissioni di consulenza britanniche, tra cui quella degli aspetti medici degli alimenti. Evviva!
Le guardie fanno i ladri, e poi ancora le guardie! Ma non crediate che la Monsanto si fermi davanti a queste quisquilie.
Nel gennaio 1997 la procura di New York ha costretto la Monsanto a ritirare annunci pubblicitari che sostenevano che il suo diserbante, l’ormai famigerato Roundup, è biodegradabile e non nuoce all’ambiente, perché menzogneri.
Secondo la facoltà di Igiene della Università di California, il glifosato occupa il terzo posto nelle cause di malattie legate ai pesticidi contratte dai lavoratori. Ma la Monsanto, come le grandi multinazionali, può tranquillamente perdere una battaglia, dieci battaglie, perché alla fine vince, grazie ai suoi avvocati, e alle lobbies, le guerre.  Anzi è così forte che riesce ad imporre quel che vuole agli organismi mondiali come il WTO.
Progresso che passerebbe per la vittoria totale dei commerci senza barriere.
Ma i ricchi non comprano il cibo dei poveri, per cominciare, così, noi europei tutti, dobbiamo accettare le importazioni di carne e latte che provengono dagli USA, da bestiame trattato con Prosilac, l’ormone prodotto dalla Monsanto, che fa crescere gli animali, ed i profitti, con i risultati che sappiamo.
E sulle carni ormonate, della Monsanto, la guerra tra USA, che li ormoni ce li mettono, e l’Europa, che non ci sta, è diventata una guerra commerciale a tutti gli effetti.
Dal 1997 la Monsanto si è scissa in due. La cosiddetta MS si dedica esclusivamente alle biotecnologie e alla produzione di cibo, per gli animali e per gli uomini, entrambi geneticamente modificati, oltre alla fabbricazione di diserbanti e fertilizzanti.
Tratto da: disinformazione.it

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Monsanto ha un reparto che si occupa di screditare le ricerche e gli studi anti OGM
Di recente l’Agenzia internazionale dell’OMS per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il Glifosato come “probabilmente cancerogeni per l’uomo“.
“Mettiamo in discussione la qualità della valutazione“, ha detto il vice presidente degli affari regolatori globali, Philip Miller, di Monsanto.
Reuters riporta che Miller ha sostenuto che la società aveva offerto allo IARC alcuni dati scientifici che mostrano che il glifosato è sicuro, ma che è stato “in gran parte ignorato“.
Un’indagine separata sulla tossicità del glifosato, è attualmente in corso da parte del Environmental Protection Agency (EPA), che potrebbe vietare il prodotto chimico tossico una volta per tutte. Miller ha espresso la sua preoccupazione in quanto la relazione dello IARC potrebbe influenzare il risultato delle risultanze dell’EPA, e ha invitato l’OMS a ritirare la loro dichiarazione.
Tutto questo suona come un passo nella giusta direzione, ma la Monsanto ha la reputazione di screditare scienziati, esperti e anche i giornalisti che osano parlare contro di loro.
E’ stato a lungo pensato che la peggiore corporation del mondo, avesse un intero dipartimento dedicato a far tacere i suoi critici, ma fino ad ora nessuno aveva alcuna prova di questo.
Tuttavia, in un recente articolo si è affermato che il dottor William Moar, un dipendente della Monsanto il cui lavoro comporta la sua presenza in seminari che hanno come scopo quello di convincere la gente che i prodotti della Monsanto sono sicuri, ha ammesso per la prima volta, che la società utilizza un’incredibile quantità di tempo e denaro, per screditare gli esperti che parlano male della società.
In un recente convegno frequentato per lo più da studenti che speravano di ottenere qualche stage a pagamento, uno studente ha chiesto cosa stesse facendo l’azienda per negare la “cattiva scienza” riguardo il suo lavoro.
A quel punto il dottor William Moar, ha detto che Monsanto ha: “un intero reparto (agitando il braccio per enfasi) dedicato a ‘sfatare’ la scienza che non è d’accordo con loro”.
Il glifosato è un erbicida ad ampio spettro, attualmente con i più alti volumi di produzione di tutti gli erbicidi. E ‘utilizzato in oltre 750 diversi prodotti per applicazioni in agricoltura, silvicoltura, e per la casa. Il suo uso è aumentato notevolmente con lo sviluppo di varietà di colture resistenti al glifosato geneticamente modificati. Glyphosate è stato rilevato in aria durante la spruzzatura, nell’acqua e negli alimenti.
Il glifosato è stato rilevato nel sangue e nelle urine dei lavoratori agricoli, ciò indica il suo assorbimento.
Fonte

Video “il Mondo secondo Monsanto”

Amaranto sfida Monsanto – 15 settembre 2010
Una pianta sacra degli Inca attacca la coltivazione transgenica (OGM) e sfida la Monsanto. Negli Stati Uniti gli agricoltori hanno dovuto abbandonare cinquemila ettari di soia transgenica e altre cinquantamila sono gravemente minacciate.
Questa situazione è dovuta ad un’erba infestante, l’amaranto (conosciuta in Perù come kiwicha) che ha deciso di opporsi alla multinazionale Monsanto, tristemente famosa per la sua produzione commerciale di semi transgenici.
Nel 2004 un agricoltore di Atlanta dimostrò che alcuni germogli di amaranto resistevano al potente erbicida Roundup. I campi vittime di questa infestazione di amaranto erano stati seminati con semi Roundup Ready, che contengono un gene resistente all’erbicida.
Da allora la situazione è peggiorata e il fenomeno si è esteso verso la Carolina del Sud e del Nord, Arkansas, Tennessee e Missouri. Secondo un gruppo di scienziati britannici del Centro per l’Ecologia e l’Idrologia, si è prodotto un trasferimento di geni tra la pianta modificata geneticamente e alcune erbe infestanti come l’amaranto.
Questa constatazione contraddice le affermazioni dei difensori degli organismi geneticamente modificati: un’ibridazione tra una pianta modificata geneticamente e una pianta non modificata è “semplicemente impossibile”.
Secondo il genetista britannico Brian Johnson, “basta un solo incrocio riuscito tra vari milioni di possibilità. Una volta creata, la nuova pianta possiede un’enorme vantaggio selettivo e si moltiplica rapidamente.
Il potente erbicida che si utilizza qui, Roundup, a base di glifosato e di ammonio, ha esercitato una pressione enorme sulle piante, le quali hanno aumentato ancor di più la velocità di adattamento”.
L’unica soluzione è strappare a mano le erbe infestanti, come si faceva un tempo, però questo non è fattibile date le enormi dimensioni delle coltivazioni. Inoltre, essendo l’amaranto una pianta che si radica profondamente, queste erbe non sono molto facili da strappare, non resta dunque che abbandonare quelle terre.
Il quotidiano inglese The Guardian ha pubblicato un articolo di Paul Brown che rivelava che i geni modificati di cereali hanno ibridato alcune piante selvatiche e creato un supergrano resistente agli erbicidi, qualcosa di inconcepibile per i difensori dei semi transgenici..
Fa sorridere constatare che l’amaranto o kiwicha, considerata adesso una pianta diabolica per l’agricoltura genetica, è una pianta sacra per gli inca. Appartiene agli alimenti più antichi del mondo.
Ogni pianta produce una media di 12.000 chicchi e le foglie, più ricche di proteine della soia, contengono vitamine A e C, e sali minerali. Così questo boomerang, rimandato indietro dalla Natura alla multinazionale Monsanto, non solo neutralizza questo predatore, ma occupa i suoi domini con una pianta che potrebbe alimentare all’umanità in caso di fame.
Sopporta la maggior parte dei climi, sia in regioni secche che in zone di monsoni o nelle terre tropicali, e non ha problemi né con gli insetti né con le malattie per cui non avrà mai bisogno di prodotti chimici.
Tratto da: web.resmarche.it – Fonte: fiorigialli.it

vedi: Vittoria: In Messico un Giudice ha sentenziato contro Monsanto a favore delle api …19/08/2014

Argentina: da un anno protestano contro l’azienda USA, Monsanto – 02/11/2014
La protesta, contro la multinazionale Monsanto, dura da oltre un anno;  la gente di Malvinas sta bloccando le strade di accesso al sito di Monsanto nella cittadina dove le manifestazioni di protesta, ignorate dai media italiani ed euriopei, durano dal mese di settembre 2013.
A protestare sono madri e padri che hanno perso figli a causa delle malattie indotte dagli alimenti contaminati, in quanto da dieci anni il noto e tossico pesticida Roundup, viene utilizzato in quest’area e nei campi della zona.
I medici hanno segnalato un forte aumento dei casi di cancro e di difetti alla nascita dei bambini, infatti in ogni famiglia si riscontra almeno un caso di problemi respiratori ed altre patologie gravi.
La multinazionale del biotech Monsanto, sta ora costruendo un impianto per il trattamento dei semi OGM e la rabbia della gente è esplosa, dato che il governo inglese, che controlla l’isola, e’ chiaramente colluso con l’azienda ….

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L’ITALIA i suoi Ulivi….e la Xylella propinata agli ulivi….
Sabina Guzzanti scopre la trattativa Stato-Monsanto sugli “ulivi ogm” – 20/03/2015
Non si sa bene quando il terribile piano sia stato elaborato, quel che è certo è che ci siamo dentro fino al collo, e ormai potrebbe essere troppo tardi. Tutto è cominciato in Brasile, nei laboratori di una società che fa capo alla famigerata Monsanto. Ed è laggiù che scienziati senza scrupoli hanno dato vita a un terribile batterio fitopatogeno, la xylella fastidiosa. Per quale ragione ?
Lo scopriremo presto, intanto abbiamo le prove: la società si chiama Alellyx, anagramma di xylella. Le tessere del mosaico cominciano a combaciare.
Spostiamoci in Salento, Puglia (I), terra di sole, mare, jentu e vacanze un sacco fighette. Ormai siamo passati dalla storia alla cronaca: la xylella ha sferrato il suo attacco. Le vittime? Gli ulivi millenari della terra della pizzica. Non c’è rimedio, si seccano e muoiono. Ma era tutto previsto da tempo.
In Israele, che in una storia del genere non è mai un paese che si trova lì per caso, in altri laboratori, hanno messo a punto gli ulivi Ogm, resistenti alla xylella, ma devastanti per le nostre difese immunitarie. A legare i laboratori brasiliani con quelli israeliani, lo stesso nome, lo stesso marchio di fabbrica, quello che non si può pronunciare senza avvertire un brivido di terrore lungo la schiena: Monsanto. E’ tutto chiaro, no ?
La xylella, l’arma di distruzione di massa brasiliana, non è altro che il grimaldello attraverso il quale Monsanto (brivido) vuole mettere le mani sul nostro patrimonio di ulivi millenari. Per che farsene? Per ucciderli tutti, diamine! E sostituirli con gli ulivi Ogm di Monsanto (brivido) che fanno male ai nostri bambini.
Ma non sarebbe possibile senza la complicità della casta, ed è qui che la trattativa Stato-Monsanto (brivido) gioca il ruolo chiave: saranno proprio le autorità pubbliche a sterminare gli ulivi malati, e anche quelli sani, per soprannumero. Non domandateci chi fornirà il terribile pesticida, l’arma del delitto. Lo avete già capito (brivido).
Tutto torna. Ci avevano raccontato solo bugie, e chissà che ne sarebbe oggi di noi se non fosse per un eroico drappello di artisti e musicisti, che tra una canna e l’altra hanno sgamato la magagna e sono disposti a tutto per fermare la distruzione degli ulivi del Salento, sconfiggere il male e far risorgere il Sole.
C’è Nando, il cantante dei Sud Sound System, c’è anche Al Bano, assicura Nando, e i Negroamaro, e ora c’è anche Sabina Guzzanti, proprio lei, in Puglia per presentare il suo masterpiece sulla trattativa Stato-Mafia e che, sulla sua pagina Facebook, ha tirato giù al volo la sceneggiatura per questo entusiasmante sequel.
Una sceneggiatura demenziale della quale si è già fatto portavoce il Fatto Quotidiano, che ha messo in allarme Giancarlo Caselli, oggi presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e che coinvolge immancabilmente dei Pm, quelli di Lecce, che su questa storia avrebbero aperto un’inchiesta. Ma siamo nella terra della Procura di Trani, non è che ci si possa meravigliare più di tanto.
Tra parentesi: gli ulivi Ogm NON esistono, forse un giorno qualcuno li avviserà. Intanto avanti con la prossima trattativa.
By Giordano Masini – Tratto da: ilfoglio.it

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EU Allows Monsanto GM Maize – Move Called ‘A Disaster’ – September 08, 2004
(Monsanto e’ riuscita a spingere la commissione europea ad accettare che 17 tipi di Mais OGM siano coltivati in Europa, cio’ e’ avvenuto con le pressioni dell’amministrazione Bush (USA).
Nel 2010

US biotechnology industry giant Monsanto, has successfully pressured the European Commission into officially accepting 17 of its genetically engineered varieties of Maize to be cultivated in Europe. Monsanto enlisted the help of the Bush administration, which complained to the WTO over European “intrasigence” on the question of GM in agriculture.
One would think that the disastrous GM experience in Argentina and more recently in Mexico should have taught us something, but it appears that “free trade” mechanisms are powerful enough to ride roughshod over both public preference and government – in this case even European regional – resistance.

It would appear that the EU is giving up the fight, pushing that responsibility further down to the member countries – and even to the public – to sustain. In this connection the words of Health Commissioner David Byrne, who also oversaw the passing of a controversial ban on high dose and advanced formulation food supplements, are revealing. Byrne, in a leaked memo available to Friends of the Earth, stated that “any Member State may object to the marketing on their territory of any such GM variety if they consider there is a risk for human health, the environment or agronomic reasons.” One might be tempted to ask whether Byrne is keeping his options open for lucrative employment with big business after his stint at the EU Commission, which is drawing to a close…
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Posted on September 08, 2004 at 06:00 PM
Tratto da:http://www.newmediaexplorer.org/sepp/

CAPITOLAZIONE della UE davanti alla Multinazionale Monsanto ! – Luglio 2009
L’UE sembra stia cedendo alla pressione delle lobby degli OGM e spinge per l’approvazione di due mais transgenici della Monsanto, ovvero il MON88-0-17 – conosciuto anche come MON810 – e il MIR604 che avrebbero già ottenuto il parere scientifico positivo della EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare.
Il mese di luglio è stato particolarmente importante per il mais geneticamente modificato, in particolare per il MON88017 x MON810(1) (per semplicità, tranne che nelle parti citate, mi riferirò a questo mais come MON810) della Monsanto. Agli inizi del mese la European Food Safety Authority, presenta una relazione su questa varietà OGM su richiesta diretta dell’azienda statunitense:
Sulla base dei risultati dell’analisi comparativa il gruppo GMO conclude che il mais MON 88017 x MON 810 è equivalente, sotto il profilo composizionale, fenotipico e agronomico, alle varietà di mais non OGM e tradizionali, fatta eccezione per la presenza nel mais MON 88017 x MON 810 delle proteine Cry3Bb1, CP4 EPSPS e Cry1Ab.

Per quanto riguarda la sicurezza, questa la conclusione del gruppo:
In definitiva, il gruppo GMO ha concluso che il mais MON 88017 x MON 810 è sicuro e nutriente quanto la versione non geneticamente modificata e che l’allergenicità complessiva dell’intera pianta è invariata.
Poiché la domanda della Monsanto riguardava un uso nei prodotti alimentari e nei mangimi, l’importazione e il trattamento, il gruppo non ha ritenuto necessario effettuare una valutazione scientifica dei possibili effetti ambientali connessi con la coltivazione del mais MON 88017 x MON 810.

Marzo 2010 – Capitolazione !
E’ pienamente riuscita l’azione di sfondamento attuata dalla Commissione europea che in poche settimane dalla sua investitura è riuscita a mettere fine alla moratoria su nuove colture Ogm che resisteva in Europa dal 1998.
Tutto è avvenuto a tempo di record facendo ricorso alla vecchia tecnica del bastone e della carota. La conseguenza è stata però una vera e propria alzata di scudi da parte di chi si oppone con forza alla loro introduzione, in primo luogo il ministro per le Politiche agricole Luca Zaia.
La decisione, annunciata dal commissario alla salute John Dalli riguarda il via libera definitivo alla coltivazione nell’Ue della patata transgenica ‘Amflora’ della multinazionale Basf, per produrre carta e mangimi e ad altri tre mais transgenici non per la coltivazione. Subito dopo Dalli ha annunciato che ‘entro l’estate sarà pronta la proposta della Commissione europea per lasciare agli stati membri la scelta di coltivare o no degli Ogm’.
In attesa però di un’iniziativa che sembra ancora tutta da costruire, il commissario intende completare il lavoro avviato dai colleghi che lo hanno preceduto. Rimangono infatti da decidere le autorizzazioni a coltivare altri quattro Ogm: si tratta – spiegano fonti comunitarie – del mais BT11 della Syngenta, del mais 1507 della Pioneer, del mais Nk603 della Monsanto, e del rinnovo dell’autorizzazione per il mais Mon810.

Insomma, se da un lato Bruxelles prospetta una maggiore libertà da accordare ai singoli Stati membri sulla decisione di coltivare o meno degli Ogm, da un altro lato fa intravedere nuove proposte di autorizzazione su cui decidere.
Senza contare che non c’è ancora certezza sul contenuto e soprattutto sulla forma giuridica che assumerà quella futura proposta. L’unica certezza: Dalli intende ‘procedere nella direzione indicata dal presidente della Commissione Josè Manuel Barroso per lasciare più libertà agli stati di deciderè.
Dietro la strategia sul futuro degli Ogm appare l’impronta del presidente della commissione Barroso che, dopo anni di empasse, ora sembra deciso ad accelerare i tempi su un dossier tra i più sensibili in Europa. Barroso può contare sul commissario alla sanità Dalli che, contrariamente alla precedente Commissione, è ormai l’unico a gestire tutti i dossier sul transgenico. Dalli ha tenuto anche a sgombrare il campo da ogni malinteso: sulla superpatata – ha detto – tutto è stato esaminato con la più grande attenzione, in modo che le preoccupazioni espresse al riguardo della presenza di un gene resistente agli antibiotici siano pienamente tenute in considerazione. Nessun nuovo argomento scientifico aveva bisogno di essere esaminato ulteriormente’.
L’iniziativa di Bruxelles ha comunque già ottenuto un primo risultato: la produzione della superpatata partirà già nel 2010 nella Repubblica Ceca e in Germania dove i contratti tra industria e produttori sono in via di definizione. Dal 2011 dovrebbero iniziare le coltivazioni anche in Olanda e Svezia.
Gli Stati membri dell’Ue che non vogliono autorizzarne la coltivazione possono presentare domanda alla Commissione europea per adottare un’apposita clausola di salvaguardia.
Bruxelles ha così scoperchiato il vaso di Pandora: lo scontro tra chi è favorevole e chi è contrario è già avviato ma è il presidente Barroso che, almeno per il momento, ha ancora in mano il gioco.
Fonte: Cordis

vedi: PERICOLO FARMACI  +  OGM  +  DANNI dei VACCINI  +  Multinazionali

vedi anche: Finanza + BIG PHARMA + TECNOLOGIE  per “CONTROLLARE” il MONDO  + MINISTERO “SALUTE” informato sui Danni dei Vaccini + Multinazionali Agroalimentari + Multinazionali 2 + Le Corporazioni + Messaggi Subliminali  + Lobbies  + Gruppo Bilderberg +  I nuovi Tiranni + MAFIA dei FARMACI e VACCINI  +  Gravi colpe delle Multinazionali + SEMI – SEMENTI AGRICOLE controllate dalle MULTINAZIONALI  +  MEDICI IMPREPARATI + Ingegneria Genetica + Danni della Coca Cola + Questa potrebbe essere l’Azienda che vi controllera’ nel molto prossimo futuro + PRODUTTORI dei VACCINI, TUTELATI  + Comparaggio farmaceutico

vedi anche:
http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2009/03/07/Monsantos-Many-Attempts-to-Destroy-All-Seeds-but-Their-Own.aspx

Ex Amministratore delegato della Monsanto India, racconta le malefatte di Monsanto ! – Aprile 2010
Tiruvadi Jagadisan, ex amministratore delegato di Monsanto India, e’ l’ultimo dirigente entrato a far parte dei critici del Bt Brinjal e forse e’ il primo insider (questa parola indica un personaggio iniziato di un gruppo segreto, banda criminale) dell’industria a farlo.

il Bt Brinjal e’ una melanzana OGM, transgenica, modificata tramite l’introduzione del gene del batterio del suolo: Bacillus Thuringienisis (genera malattie dell’apparato intestinale e crea paralisi negli organismi nei quali si introduce).
Jagadisan ha lavorato con al Monsanto quasi due decenni di sui 8 anni come amministratore delegato proposto alle operazioni in India; Egli ha espresso commenti molto sfavorevoli alla nuova varieta’ di mais ed ha precisato che la societa’ “era solita presentare al governo per l’approvazione alla commercializzazione dei propri prodotti, dei dati scientifici alterati ….cioe’ falsi !
Egli ha confermato che gli enti governativi, nel dare le autorizzazioni, facevano riferimento solo ed esclusivamente agli “studi scientifici” presentati dalla Monsanto…senza effettuare nessun controllo come enti governativi… !

Commento NdR: in che mani siamo….?? – La stessa cosa succede per i Vaccini, gli Enti governativi dei vari paesi del mondo, Italia compresa, utilizzano ESCLUSIVAMENTE gli “studi scientifici” presentati dalle case farmaceutiche , senza fare NESSUN controllo, ne’ studi indipendenti, sui Vaccini !

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Mais OGM della Monsanto già approvato anche per il consumo umano è tossico !
La revisione dei dati della sperimentazione voluta da Greenpeace ha dimostrato effetti tossici su reni e fegato.

Uno studio ha rivelato la tossicità di un mais OGM prodotto dalla Monsanto e autorizzato per il consumo animale e umano.
Le cavie nutrite con il mais geneticamente modificato in questione (MON863) hanno mostrato segni di tossicità per reni e fegato. Ed è la prima volta che un prodotto OGM approvato per il consumo causi degli effetti tossici ad organi interni.
Lo studio ha preso in esame i risultato dei test sulla sicurezza che la Monsanto ha presentato alla Commissione europea per la richiesta di autorizzazione alla commercializzazione del mais OGM MON863 nell’Unione europea. Questo mais quindi non può essere considerato sicuro e adatto al consumo. Nonostante questo e nonostante la maggioranza degli stati membri fossero contrari, la Commissione europea ne ha approvato la commercializzazione sia per consumo umano che per i mangimi animali.
Prima dell’Unione europea, il mais OGM della Monsanto era già stato autorizzato in altri Paesi: Australia, Canada, Messico, Usa, Giappone e Filippine.

I dati della sperimentazione del mais OGM sono oggetto di un feroce dibattito in quanto furono identificate notevoli differenze nel sangue degli animali nutriti con il mais MON863.
Greenpeace ha ottenuto i dati dei test in questione in seguito ad una vicenda giudiziaria e li ha consegnati ad un gruppo di scienziati indipendenti .

SOTTOLINEO INDIPENDENTI,  NON PAGATI dalle MULTINAZIONALI COME gli altri per CORREGGERE i RISULATI diretti dal professor Gilles Eric Séralini, un esperto governativo in ingegneria genetica dell’Università di Caen (Francia) affinche’ venisse fatta una valutazione oggettiva dei dati.
Greenpeace e Séralini hanno tenuto una conferenza stampa durante la quale il professore, che ha diretto lo studio, ha dichiarato che le analisi presentate dalla Monsanto non hanno superato un severo controllo. I protocolli statistici utilizzati dall’azienda sono molto discutibili e cosa ancor più grave non sono state effettuate sufficienti analisi delle differenze di peso degli animali studiati. Inoltre dal dossier presentato sono stati cancellati alcuni dati fondamentali che riguardavano i test delle urine.

Come conseguenza Greenpeace ha chiesto che il mais OGM MON863 venga immediatamente ritirato dal mercato e ha chiesto anche che i vari governi nazionali avviino una nuova valutazione di tutte le altre autorizzazioni concesse ai prodotti geneticamente modificati e la revisione dei metodi analitici utilizzati finora.
Federica Ferrario, responsabile campagna OGM di Greenpeace Italia ha dichiarato che: “L’attuale sistema autorizzativo per gli OGM non ha più alcuna credibilità, dopo che è stato approvato un prodotto ad alto rischio nonostante chiare evidenze dei possibili pericoli”.
Lo studio è stato pubblicato dalla rivista “Archives of Environmental Contamination and Toxicology”.

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Danni ai topi nutriti con gli OGM – Test su un nuovo tipo di mais. La società: le anomalie sono normali in un simile campione statistico

LONDRA – Ott. 2007 – Reni più piccoli del normale, anomalie nel sangue che fanno pensare a un serio attacco al sistema immunitario, possibilmente a un tumore. È la prova che alcuni alimenti geneticamente modificati (Ogm) possono a lungo termine essere nocivi all’organismo ? Se lo chiede il giornale britannico «Independent on Sunday» pubblicando stralci di un rapporto segreto preparato per il gruppo Monsanto su un tipo di mais ogm che potrebbe presto essere introdotto sul mercato europeo. I topi di laboratorio alimentati con Mon 863, un mais cui è stata aggiunta una

Mais transgenico tossina per renderlo più resistente, hanno mostrato di avere problemi fisici che secondo diversi esperti sono «estremamente preoccupanti». «Sono risultati che sembrano indicare un grosso problema al sistema immunitario – ha detto all’ Independent Malcolm Hooper, docente di chimica all’università di Sunderland -. Se avessi dati come questi davanti a me concluderei che assolutamente non si può dare il nullaosta affinché questo prodotto arrivi ai consumatori».
Ugualmente allarmato Michael Antoniu, professore di genetica molecolare alla scuola di medicina del Guy’s Hospital di Londra: «Da un punto di vista medico – ha detto – questi risultati sono estremamente preoccupanti. Sono rimasto molto sorpreso dalla quantità di anomalie rilevate».
Per la Monsanto, che non vuole rendere pubblico il rapporto perché «contiene informazioni commerciali riservate che potrebbero essere utilizzate dalla concorrenza», nei risultati dello studio, lungo 1.139 pagine, non c’è nulla di sorprendente. Le anomalie nei topi, ha detto un portavoce all’Independent on Sunday, non hanno significato e rispecchiano le normali variazioni all’interno di un gruppo di tale entità. «Se veramente sono tanti gli esperti che hanno dubbi sulla credibilità dei nostri studi avrebbero dovuto esprimerli alle autorità competenti. Dopotutto il Mon 863 non è nuovo.
Nove organizzazioni mondiali, dal 2003 ad oggi, lo hanno definito sicuro quanto il mais convenzionale».
Venerdì scorso Gran Bretagna e nove altri Paesi europei hanno votato a favore dell’introduzione del mais transgenico, senza però che sia stato raggiunto il quorum necessario per assicurare luce verde. Secondo l’Independent on Sunday, diversi esponenti del governo sono «talmente preoccupati dai ritrovamenti che hanno chiesto ulteriori informazioni».
Il giornale cita anche Beatrix Tappeser, consulente del governo tedesco sugli ogm, secondo la quale «andrebbero svolte altre verifiche per avere la coscienza a posto». L’Europa rimane uno dei principali ostacoli alla diffusione degli ogm, un mercato che globalmente vale secondo gli esperti circa 4,2 miliardi di euro l’anno.

Nei Paesi Ue l’opposizione non accenna a diminuire. Stando a una conferenza organizzata la settimana scorsa al Parlamento di Bruxelles dall’Assemblea delle Regioni d’Europa, sono una su tre le Regioni che chiedono di restare «ogm free».
Negli Usa la situazione non potrebbe essere più diversa. Secondo alcune stime il 75% dei cibi pronti sul mercato statunitense contiene ingredienti transgenici.
Il primo grosso allarme in Europa sulla sicurezza degli ogm era giunto nell’agosto del 1998, quando Arpad Pusztai, del prestigioso Rowett Research Institute di Aberdeen, in Scozia, aveva annunciato che topi nutriti con patate geneticamente modificate avevano riportato problemi al sistema immunitario e accusato un rallentamento della crescita. Era un momento molto delicato per il governo di Tony Blair, che stava cercando di dare al Regno Unito un ruolo portante nella rivoluzione delle biotecnologie. Sembra che due telefonate da Downing Street siano bastate a costringere al silenzio Pusztai, nonché a rovinare la sua carriera.
Tratto da: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2005/05_Maggio/23/ogm.shtml

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MONSANTO CONTRO ITALIA alla CORTE di GIUSTIZIA EUROPEA  –  4 varieta’ di MAIS OGM  – COMUNICATO STAMPA
Oggi a Strasburgo, (F) alla Corte di Giustizia UE, avrà luogo la prima udienza del procedimento intentato da Monsanto e dalle principali multinazionali del biotech in opposizione al Decreto Amato del 4 agosto 2000, che ha vietato la commercializzazione in Italia di 4 varietà di mais OGM autorizzate alla commercializzazione in Europa con procedura illegittima.
Sono ormai trascorsi tre anni da quel 12 ottobre 1999 in cui i tecnici di VAS denunciarono lo scandalo delle illegittime autorizzazioni dei quattro mais OGM – dichiara Ivan Verga, Vicepresidente di VAS – nel corso dei quali la stessa normativa europea ha cancellato, con il Regolamento sulla tracciabilità degli alimenti (giugno 2002), ogni scandalosa possibilità di autorizzare senza “valutazione di sicurezza d’uso” i prodotti alimentari OGM e, tuttavia, per le multinazionali del biotech le norme precauzionali sembrano a questo punto solo una grande fastidio sulla strada di far soldi a dispetto di tutto e di tutti.
Il procedimento che si apre oggi alla Corte di Giustizia UE per decidere la legittimità del Decreto italiano di sospensione dal commercio dei quattro mais OGM –prosegue Ivan Verga – ha quindi il sapore di un tentativo di far ripiombare l’Europa negli anni bui in cui ben poco si sapeva sugli OGM e nei quali le norme erano pressoché dettate dagli incontrastati lobbisti delle multinazionali produttrici di biotecnologie alimentari.
Un fatto è comunque certo – conclude Ivan Verga – : il buon senso non guida le azioni dei capitani di industria del biotech, poiché il livore che ha indotto le multinazionali del biotech in questo ricorso legale ha tutto il sapore di una rivincita non solo contro il Decreto di un governo, ma contro i cittadini tutti di un’Europa che (sondaggi d’opinione alla mano) di OGM non hanno alcuna intenzione di nutrirsi, qualsivoglia sarà la decisione dell’Alta Corte UE.
24.09.2002 – VAS – Verdi Ambiente e Societa’  – Associazione Nazionale Onlus – Email: http://www.vasonline.it

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Davide contro Golia: la giustizia francese ha confermato la condanna di Monsanto, il colosso mondiale dell’agricoltura, nell’annosa battaglia giudiziaria che lo opponeva a Paul Francois, un agricoltore. La corte d’appello di Lione ha definitivamente dato ragione a quest’ultimo riconoscendo la multinazionale Usa come responsabile della sua intossicazione.

La giustizia francese ha confermato la condanna di Monsanto, il colosso mondiale dell’agricoltura, nell’annosa battaglia giudiziaria che lo opponeva a Paul Francois, un agricoltore di Bernac, nel dipartimento francese della Charente.
La corte d’appello di Lione ha definitivamente dato ragione a quest’ultimo riconoscendo la multinazionale Usa come responsabile della sua intossicazione. Motivo? Il Lasso, un erbicida, ormai vietato, usato per anni nelle coltivazioni di mais. In primo grado, il gigante dell’industria agricola era già stato condannato a «indennizzare interamente» l’agricoltore transalpino parzialmente disabile da quando ha inalato quel prodotto altamente tossico. In conferenza stampa, Francois ha salutato una «decisione storica».
Il suo legale, François Lafforgue, chiede invece la creazione di un fondo per indennizzare le vittime dei pesticidi. «Il riconoscimento della responsabilità di Monsanto in questa vicenda è essenziale: i marchi che introducono nel mercato questi prodotti devono capire che da oggi in poi non possono più sottrarsi alle loro responsabilità. Prima o poi dovranno renderne conto», avverte in una nota Maria Pelletier, presidente della Ong Générations futures, secondo cui la decisione del tribunale di Lione è una «tappa importante per tutte le altre vittime dei pesticidi».

Pur rifiutando di passare per un’icona ecologista o no global, Paul Francois è il primo in Francia ad aver ottenuto la definitiva condanna del colosso Usa. Il primo ad aver rotto il silenzio sui rischi legati a erbicidi, insetticidi e affini. La vita di questo agricoltore di 47 anni, titolare di una proprietà di 240 ettari, è improvvisamente cambiata il 27 aprile del 2004.
Quel giorno, nel tentativo di verificare la pulizia del contenitore in cui veniva inserito l’erbicida, ha inalato una forte dose di vapori tossici. Colpito da un malore, ha giusto il tempo di spiegare alla moglie ciò che gli è appena successo prima di finire al Pronto soccorso. L’uomo sputa sangue. «Poi non ricordo più niente», racconta oggi.
Dopo cinque settimane di stop, Paul Francois riprende a lavorare ma soffre, tra l’altro, di gravi problemi di elocuzione, accompagnati da violente cefalee. A fine novembre dello stesso anno, crolla sul pavimento di casa, dove le figlie lo ritrovano incosciente. Segue un lungo periodo di ricovero, i medici temono seriamente per la sua vita.
Dopo attenti esami, viene scoperta una grave carenza al livello celebrale. Aiutato dai famigliari, Paul Francois inizia ad indagare sul Lasso, a sue spese.
Bisognerà attendere il 2005 per identificare il colpevole, vale a dire il monoclorobenzene, un solvente altamente tossico contenuto nell’erbicida della Monsanto.
Alla lotta contro la malattia, segue dunque la battaglia giuridica. L’agricoltore è infatti convinto che la multinazionale fosse a conoscenza dei rischi legati al Lasso, anche perché quel prodotto venne già bandito nel 1985 in Canada e nel 1992 in Belgio e Regno Unito.
Oggi l’agricoltore guarda al passato e riconosce di essere appartenuto a una «generazione 100% pesticidi». «L’agricoltura intensiva, era meraviglioso, utilizzavamo prodotti chimici ma in realtà quella non era più una vera produzione. Come tutti, ne andavo fiero».
Oggi ha cambiato idea: «Nella terra c’è bisogno di vita». E forse non è un caso se ha riconvertito un centinaio di ettari in culture bio.

Appena poche settimane fa, sempre in Francia, la ministra dell’Ecologia, Segolène Royal, ha annunciato l’intenzione di vietare la libera vendita al dettaglio del Roundup, un altro diserbante simbolo della Monsanto, dal primo gennaio 2016.
Fonte: http://www.terranuova.it/Alimentazione-naturale/Condannata-Monsanto-agricoltore-avvelenato-dai-pesticidi

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INCHIESTA SU UNA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE – Come Monsanto vende gli OGM
Abituate a dettare legge ai governi, le società transnazionali devono oggi fare i conti con un risveglio civico che rischia di ostacolare i loro progetti. Il che spiega il proliferare di «codici comportamentali» e «carte etiche» di cui si dotano per nascondere il loro unico, vero obiettivo: conservare una totale libertà d’azione a livello planetario per continuare a creare «valore» per gli azionisti. È nel settore agrochimico che incontrano le maggiori difficoltà: gli Organismi geneticamente modificati (OGM) non «passano» a livello di opinione pubblica, soprattutto in Europa, dato che nessuno studio scientifico ha potuto dimostrare che sono innocui, o che la biodiversità sia esente dai rischi connessi alla disseminazione accidentale, così come nessuno ha potuto pronunciarsi sui loro presunti effetti benefici.
Le grandi industrie del settore, prima fra tutte la Monsanto, hanno dunque studiato una strategia di aggiramento.
Non cercano di provare che i loro prodotti non presentano pericoli, ma li pubblicizzano come soluzione ai problemi di malnutrizione e di salute pubblica del terzo mondo e, soprattutto, come soluzione di ricambio per un pericolo sicuramente reale, e cioè i pesticidi. Sperano così di «conquistare» i diffidenti, grazie a campagne pubblicitarie elaborate minuziosamente e finanziate in modo massiccio.
By Agnes Sinai – Ricercatrice.

Stato di allerta alla Monsanto:
dopo l’allarme per una bomba nel suo insediamento francese di Peyrehorade, nel dipartimento delle Landes, il secondo colosso mondiale di semi agricoli lancia sulla sua rete Intranet un protocollo di sicurezza in caso di attacco cibernetico o fisico diretto ai suoi dipendenti. Questi ultimi sono tenuti a segnalare comportamenti sospetti, chiamate telefoniche non identificate e persone sconosciute, come pure a chiudere a chiave tutte le porte, a usare password per bloccare l’accesso al monitor dei computer e a non utilizzare modem connessi con l’esterno.
Quanto ai colloqui con i giornalisti, sono proibiti a tutti, tranne che alle persone appositamente incaricate.
La cultura del segreto, del resto, non è poi così estranea all’attuale direttrice delle comunicazioni di Monsanto-Francia, Armelle de Kerros, la quale ha lavorato per la Compagnie générale des matières atomiques (Cogema).
Il che non impedisce alla Monsanto di ostentare la sua volontà di «trasparenza»…
Dopo lo scandalo Terminator, prima pianta assassina nella storia dell’agricoltura (1), l’azienda si dibatte tra paranoia difensiva e aggressività strategica. I problemi erano iniziati con l’acquisto, per la somma di 1,8 miliardi di dollari, dell’impresa Delta & Pine Land. La Monsanto entrava così in possesso di un brevetto che, grazie ad una tecnica di ingegneria genetica, permetteva di «bloccare» i semi inibendone la ricrescita da un anno all’altro, il che valse a questa tecnica di sterilizzazione il soprannome di «Terminator» da parte della Rafi
(The Rural Advancement Foundation International).

Di fronte alla levata di scudi provocata a livello internazionale, il presidente della Monsanto, Bob Shapiro, annunciò il ritiro del prodotto, prima di dare le dimissioni.
Da allora, la multinazionale ha abbandonato lo slogan di un tempo – «Cibo, salute, futuro» – e cerca di rifarsi un nome. Produrre OGM (si parla pudicamente di biotecnologie) è, infatti, un’impresa ad alto rischio, sia in termini di immagine che di investimenti. Senza parlare di possibili incidenti biologici: minacce alla biodiversità e comparsa di insetti mutanti, resistenti agli insetticidi incorporati nelle piante transgeniche

(2). Negli Stati uniti, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa) ha già incoraggiato gli agricoltori a destinare almeno il 20% delle loro terre a coltivazioni convenzionali per permettere lo sviluppo di insetti non resistenti al transgene Bacillus thuringiensis.
Organismi geneticamente «migliorati» Sono rischi sufficienti a spiegare come mai, nel valzer delle fusioni-acquisti e delle ristrutturazioni, l’agrochimica, che comprende le biotecnologie vegetali (cioè gli OGM), sia sistematicamente isolata dagli altri settori, in modo da compartimentare il rischio transgenico. È in questa logica che Aventis cerca di svincolarsi da CropScience, la sua branca agrochimica.
L’azienda aveva infatti commercializzato il mais transgenico Starlink, capace di provocare allergie nell’uomo.
Benché destinato esclusivamente all’alimentazione animale, il mais è stato ritrovato in notevoli quantità nelle patatine e nei corn-flakes dei consumatori americani, come pure nei dolci della ditta Homemade Baking venduti in Giappone.
È sempre in questo contesto che nasce, nell’ottobre 2000, il primo gruppo mondiale di agrochimica, Syngenta, – risultato della fusione della svizzera Novartis con l’anglo-svedese Astra-Zeneca – che realizzerà un giro d’affari di circa otto miliardi di euro. Monsanto, dopo la fusione con Pharmacia & Upjohn, una grande ditta farmaceutica, si occupa ormai solo di agricoltura, con un giro d’affari che nel 2000 ha raggiunto i 5,49 miliardi di dollari.
Ha ceduto a Pharmacia il suo medicinale di punta antiartrite, il Celebrex, per specializzarsi nella produzione di prodotti fitosanitari, di semi agricoli e, in particolare, di semi geneticamente modificati. Monsanto è ora, a livello mondiale, la seconda casa produttrice di semi (dopo Pionneer) e di fitosemi dopo Syngenta ed è il numero uno degli erbicidi grazie al Roundup, l’erbicida più venduto al mondo (il suo giro d’affari nel 2000 è stato di 2,6 miliardi di dollari, quasi la metà di quello del gruppo).
Il suo obiettivo è quello di fare accettare i prodotti transgenici convincendo l’opinione pubblica che è meglio nutrirsi con una pianta transgenica piuttosto che con una irrorata di pesticidi (3). Strategia che si agghinda di fronzoli filantropici ed ecologici per superare gli ultimi ostacoli.
Senza lesinare in fatto di «etica», Monsanto ha così adottato, nel gennaio 2001, un nuovo codice comportamentale che contiene cinque impegni: «dialogo», «trasparenza», «rispetto», «condivisione» e «benefici».
Secondo il direttore generale di Monsanto-Francia, Jean-Pierre Princen, i consumatori europei – i più restii agli OGM – devono capire che un organismo geneticamente modificato non è altro che un organismo geneticamente migliorato.
Da qui la nascita di una nuova Monsanto, indicata all’interno dell’azienda come «progetto M2»: i suoi semi sono ecologici e ottimi per la salute. Coloro che ne dubitano sono semplicemente male informati. Del resto è bene fare tabula rasa del passato: chi ricorda che Monsanto produceva il defoliante, detto «agente arancio», utilizzato dai bombardieri americani durante la guerra del Vietnam?

Oggi, le équipe della multinazionale si riuniscono a Ho-Chi-Minh-City per vendervi i loro erbicidi e per stringere relazioni privilegiate con i media, gli scienziati e i membri del governo vietnamita. Dalle Filippine all’Argentina, si vuole disporre di una totale libertà d’azione: «Free to operate» («carta bianca») nel gergo della casa.
All’esterno, dunque, sarà opportuno mettere in risalto le qualità ecologiche degli OGM, di cui il gruppo commercializza due varietà.
Il primo, il gene Bt, nato dal batterio Bacillus thuringiensis, diffonde le proprie tossine insetticide, il che permette di diminuire la vaporizzazione di pesticidi supplementari: un raccolto di cotone detto «Bt» ne subirà due invece di sei o otto. Seconda varietà: il Roundup Ready, concepito per resistere all’erbicida Roundup. Così, l’agricoltore compra in kit sia il seme che l’erbicida! Il Roundup è presentato dalla ditta come un prodotto biodegradabile, e questo le è valso un processo per pubblicità menzognera, intentato dalla Direction générale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes (Dgccrf) di Lione (Direzione generale per la concorrenza, il consumo e la repressione delle frodi).

Rischi di sterilità Negli Stati uniti, l’Epa calcola tra i 20 e i 24 milioni di chilogrammi il volume annuo di glifosato utilizzato (4). Il prodotto è presente in modo massiccio soprattutto nella produzione di soia, grano, fieno, nei pascoli e nelle maggesi. Dal 1998, la sua utilizzazione è aumentata di quasi il 20% all’anno. Contenuto nel Roundup, è l’erbicida più venduto al mondo e rende ogni anno alla Monsanto circa 1,5 miliardi di dollari. Il brevetto è scaduto nel 2000, ma la ditta conserverà una parte del monopolio grazie alle piante geneticamente modificate, concepite per essere tolleranti al glifosato. In Bretagna, questo pesticida figura tra gli inquinanti pericolosi e regolari: nell’ottobre 1999 superava di 172 volte la norma nell’Elorn, che fornisce acqua potabile ad un terzo del Finistère, «il che prova che la dichiarata biodegradabilità del Roundup è una impostura» spiega la dottoressa Lylian Le Goff, membro della missione Biotecnologie dell’associazione France Nature Environnement (Francia Natura Ambiente).

L’inquinamento da pesticidi del suolo, dell’acqua e dell’acqua piovana, dell’insieme della catena alimentare e dell’aria è diventato un serio problema di salute pubblica che l’amministrazione francese ha tardato a prendere in considerazione. Ne consegue, per la dottoressa Le Goff, «l’assoluta necessità di applicare il principio di precauzione riconsiderando la sollecitazione ad utilizzare pesticidi, soprattutto se incoraggiata da una pubblicità falsa, che vanta l’innocuità e la biodegradabilità dei prodotti a base di glifosato».

L’ingestione di pesticidi da parte del consumatore sarebbe nettamente più alta se le piante geneticamente modificate dovessero diffondersi, visto che queste ne sono impregnate.
Come le diossine, anche i pesticidi – tra cui il glifosato – non sono biodegradabili nel corpo umano e costituiscono un vero e proprio inquinamento invisibile (5). Le loro molecole cumulano effetti allergizzanti, neurotossici, cancerogeni, mutageni e ormonali alterando la fertilità maschile.

Hanno proprietà simili a quelle degli ormoni femminili, gli estrogeni: globalmente, queste azioni ormonali sarebbero responsabili di una diminuzione del 50% del tasso di produzione spermatica registrato negli ultimi cinquant’anni.
Se il declino spermatico dovesse proseguire, la clonazione si imporrebbe alla specie umana intorno al 2060 !
Oltre che biodegradabili, i semi transgenici compatibili con il Roundup sono presentati dalla Monsanto come «amici del clima» (climate friendly), dato che il loro impiego permetterebbe agli agricoltori di ridurre, o addirittura eliminare l’aratura, permettendo lo stoccaggio nella terra di dosi massicce di gas carbonico e di metano, con la conseguenza di ridurre del 30% le emissioni di gas carbonico degli Stati uniti.
Resta da spiegare in cosa una coltivazione non transgenica sarebbe meno efficace…
Una sola certezza: i profitti sarebbero minori, in particolare perché una coltura ordinaria farebbe a meno dell’erbicida Roundup.

L’improvvisa vocazione ecologica della Monsanto e lo zelo del suo «presidente per lo sviluppo sostenibile», Robert B. Horsch, convergono con gli interessi di chi vende i diritti ad inquinare, come quei proprietari terrieri del Montana, già riuniti in una Coalizione per la vendita di diritti di emissione di gas carbonico (6).

Se la fraseologia ad uso esterno della Nuova Monsanto è centrata su «tolleranza», «rispetto» e «dialogo», il vocabolario strategico si fa nettamente più crudo all’interno. La «filosofia» dell’azienda, come è stata esposta da Ted Crosbie, direttore del programma di sviluppo vegetale, ad un’assemblea di dirigenti della Monsanto-America latina nel gennaio 2001, non usa sfumature: «consegniamo insieme il pipeline e il futuro».
Detto più chiaramente, si tratta di inondare di OGM le superfici agricole disponibili per occupare terreno – e in modo irreversibile. L’America latina è, da questo punto di vista, «un ambiente vincente»: Monsanto valuta che nel solo Brasile restano ancora 100 milioni di ettari di superfici da «sviluppare».

Purtroppo, questo paese continua ad essere restio agli OGM, lamentano Nha Hoang e i suoi colleghi del gruppo Monsanto incaricati della strategia «free to operate» in America latina: «È già il secondo produttore mondiale di soia transgenica dopo gli Stati uniti, e probabilmente sarà presto il primo. È la più grande potenza economica dell’America latina, ma è la sola in cui le coltivazioni transgeniche non hanno ancora ricevuto il permesso.
I giudici hanno ritenuto viziato il processo di autorizzazione della soia transgenica Roundup Ready, perché non erano stati condotti appropriati studi d’impatto ambientale; sono arrivati a sostenere che l’attuale agenzia di regolazione delle biotecnologie sia stata costituita in modo illegale».
La regolarizzazione dello statuto dell’agenzia in questione, CtnBio, attende la ratifica da parte del Congresso brasiliano… Obiettivo: ottenere il «pipeline» per la soia transgenica per aprire la strada ad altre autorizzazioni che consentano di immettere sul mercato: mais Yieldgard, cotone Bollgard e cotone Roundup Ready nel 2002; mais Roundup Ready nel 2003; soia insetticida Bt nel 2005. Intanto, Monsanto investe 550 milioni di dollari nella costruzione di una fabbrica che produrrà il suo erbicida Roundup nel nord-est dello Stato di Bahia.
La strategia della multinazionale è centrata sulla biotech acceptance: fare accettare gli OGM dalla società, poi – o in concomitanza – inondare i mercati. Allo scopo vengono lanciate massicce campagne di aggressione pubblicitaria.
Negli Stati uniti, gli spot televisivi sono comprati direttamente dall’organo di propaganda delle imprese del settore, il Council for Biotechnology Information. La Monsanto è cofondatrice di questo organismo, che centralizza le informazioni relative ai «benefici dei biotech»: «La televisione è uno strumento importante per fare accettare i biotech.
Perciò fate attenzione agli spot pubblicitari e fateli vedere alla vostra famiglia e agli amici», è l’invito di Tom Helscher, direttore dei programmi di biotechnology acceptance nella sede di Monsanto, a Crève-Coeur (Missouri).
Soprattutto, si devono rassicurare gli agricoltori americani
che, spaventati in particolare per i loro mercati esteri, esitano a comprare semi geneticamente modificati.
Anche se Aventis Crop Science, Basf, Dow Chemical, DuPont, Monsanto, Novartis, Zeneca Ag Products hanno lanciato massicce campagne di propaganda negli Stati uniti, esitano ancora a fare altrettanto in Europa…
In Gran Bretagna, l’équipe commerciale della Monsanto si dichiara soddisfatta dei risultati del proprio programma di «perorazione in favore delle biotecnologie» che permette ai dipendenti del settore commerciale, dopo una formazione garantita dall’impresa, di autoproclamarsi «esperti» nella materia ed andare quindi a vantare i meriti dei prodotti transgenici tra i contadini e nelle scuole. «Non c’è niente di meglio che un eccesso di comunicazione», sostiene Stephen Wilridge, direttore della Monsanto-Europa del Nord.

Il sistema scolastico costituisce evidentemente un elemento strategico nella conquista dell’opinione pubblica.
Il programma Biotechnology Challenge 2000, parzialmente finanziato dalla Monsanto, ha visto il 33% degli studenti liceali irlandesi produrre ricerche sul ruolo delle biotecnologie nella produzione alimentare.
Mobilitato per distribuire premi e trofei, il commissario europeo incaricato della protezione della salute dei consumatori, David Byrne in persona, non ha «alcun dubbio sul fatto che esiste un legame tra la riluttanza dei consumatori nei confronti delle biotecnologie e la mancanza di una seria informazione sull’argomento».
Per il 2001, il direttore della Monsanto-Irlanda, Patrick O’Reilly spera in una più ampia partecipazione, perché «questi studenti sono consumatori consapevoli e decideranno del futuro».
La multinazionale impara a decodificare, ma anche a riciclare i messaggi e le attese della società.
Da alcuni mesi, Monsanto oscilla tra velleità di dialogo e rifiuto viscerale nei confronti delle più importanti organizzazioni non governative che contestano le presunte qualità degli OGM.
A cominciare da Greenpeace, definita un «criminale contro l’umanità» dall’inventore svizzero del riso dorato, Ingo Potrykus, che lavora alla Syngenta. Il riso dorato è un riso transgenico arricchito di beta-carotene (vitamina A), dunque un OGM di seconda generazione, detto «alicament» per le sue pretese curative, oltre che alimentari.

Primo riso terapeutico nella storia dell’agricoltura, è molto atteso dalle grandi industrie biotecnologiche: con lui gli ultimi scettici non avranno più dubbi sul carattere fondamentalmente virtuoso del progetto OGM.
La vitamina A, integrata per transgenesi, sarà, alla fine, il promotore morale dell’alimentazione transgenica mondiale: chi si azzarderà ancora a criticarne i meriti, quando tanti bambini del terzo mondo sono colpiti da cecità per carenza di beta-carotene ? Chi oserà più dubitare che la vocazione di fondo del commercio di semi transgenici sia nutritiva, ecologica ed umanitaria ?

Una contestazione demoniaca Rimane il fatto che l’efficacia del riso dorato per le popolazioni interessate è poco credibile: Greenpeace e altri lo dimostrano per assurdo, chiarendo in particolare, con l’aiuto dei microgrammi, che per ingerire ogni giorno una dose sufficiente di vitamina A, un bambino del terzo mondo dovrebbe compiere un’impresa eroica: ingerire 3,7 chilogrammi di riso dorato bollito al giorno, invece di due carote, un mango e una ciotola di riso.
Ed ecco la reazione pubblica di Potrykus, durante una conferenza stampa a Biodivision, il «Davos» delle biotecnologie, tenuta a Lione nel febbraio 2001: «Se avete intenzione di distruggere le coltivazioni sperimentali a scopo umanitario di riso dorato, sarete accusati di contribuire ad un crimine contro l’umanità.
Le vostre azioni saranno scrupolosamente registrate in tribunale e avrete, spero, modo di rispondere dei vostri atti illegali e immorali davanti ad una corte internazionale». Criminali contro l’umanità, dunque, tutti coloro che dubitano e contestano, sono addirittura definiti «demoni della terra» (Fiends of the Earth), gioco di parole che richiama sia il nome inglese degli Amici della terra (Friends of the Earth) che un sito web molto apprezzato dal personale della Monsanto.

Se la contestazione politica è per sua natura «demoniaca», il «dialogo» non può proseguire. Eppure, la nuova Monsanto s’impegna, nella sua carta deontologica, «a instaurare un dialogo permanente con tutti i soggetti interessati, per comprendere meglio problematiche e preoccupazioni suscitate dalle biotecnologie».

Dietro questa apparente sollecitudine si mette in moto una vera e propria strategia commerciale, quella della doppia conformità: conformità a posteriori, dell’immagine dei prodotti OGM con le attese dei consumatori; conformità delle menti, attraverso propaganda pubblicitaria e comunicazione intensiva. Perché, se il solo e unico scopo della Monsanto è far passare il suo progetto biopolitico mondiale, la nuova Monsanto ha bisogno di mostrare un’etica, necessariamente a geometria variabile, visto che è la multinazionale stessa a dettarne le regole.

A tal fine, la società ha affidato ad una specialista mondiale delle comunicazioni d’impresa, Wirthlin Worldwide, il compito di «trovare meccanismi e strumenti che aiutino la Monsanto a persuadere i consumatori con la ragione e a motivarli con l’emozione».

Questo sondaggio degli atteggiamenti mentali – battezzato «progetto Vista» – è basato sulla «rilevazione dei sistemi di valori dei consumatori».

Si tratta, a partire dalla raccolta di dati, di elaborare «una cartografia a quattro livelli dei modi di pensare (…): i preconcetti, i fatti, i sentimenti e i valori. Negli Stati uniti, i risultati dello studio hanno permesso di elaborare messaggi che colpiscono il grande pubblico, di individuare cioè l’importanza dell’argomento a sostegno dei biotech: meno pesticidi nei vostri piatti».

In Francia, i dipendenti della Monsanto sono stati sottoposti a questa indagine durante un colloquio confidenziale ove si presumeva potessero esprimere liberamente il loro pensiero sulle biotecnologie, «nel bene o nel male», dato che l’obiettivo era formare dei «portavoce che utilizzeranno i messaggi studiati per il grande pubblico».

Inquinamento genetico L’accesso al materiale genetico, e ai mercati, col beneficio di una totale libertà di manovra, è la duplice priorità definita dal concetto «free to operate». La messa a punto di un OGM costa tra i 200 e i 400 milioni di dollari e richiede dai sette ai dieci anni. Come contropartita per un tale investimento, la multinazionale deve necessariamente ottenere una rendita, garantita dalla dipendenza rispetto al brevetto depositato sulla pianta.
Per potere riseminare da un anno all’altro, bisognerà ogni volta pagare royalties all’impresa.
Ogni varietà che comporti un organismo geneticamente modificato sarà protetta dal brevetto, il che implica, per l’agricoltore, l’acquisto di una licenza.

Il rischio, a (breve) termine, è quello di dare ai grandi produttori di semi la possibilità di bloccare tutto il sistema, monopolizzando il patrimonio genetico mondiale e creando una situazione irreversibile: l’agricoltore non potrebbe più recuperare questo patrimonio per tornare a selezionare lui stesso.

Questo poteva porre un problema alla Monsanto anche in base al suo stesso codice comportamentale che l’impegna a «far sì che gli agricoltori senza risorse del terzo mondo possano beneficiare della conoscenza e dei vantaggi di tutte le forme di agricoltura, per contribuire a migliorare la sicurezza alimentare e la protezione dell’ambiente».

Ed ecco allora la generosa concessione al Sudafrica del brevetto sulla patata dolce transgenica, nella speranza di un più ampio insediamento sul continente nero. «In Africa, potremmo con pazienza ampliare le nostre posizioni con lo Yield Gard, e anche con il mais Roundup Ready.

Parallelamente, dovremmo pensare a diminuire o a eliminare i diritti sulle nostre tecnologie adattate alle culture locali, come la patata dolce o la manioca».

Strategia a due facce, dove si mostrano intenzioni generose per prendere piede in mercati poco disponibili, o meno solvibili, ma potenzialmente dipendenti. Un procedimento simile a quello che ha portato a impiantare il riso dorato della Syngenta in Thailandia (per metterlo a disposizione gratuitamente è stato necessario togliere 70 brevetti) o ad usare la vacca da latte indiana dopata al Polisac della Monsanto (ormone proibito nell’Unione europea), per arrivare a conquistare mercati locali poco attratti dalle biotecnologie.

D’altro canto poi, la Monsanto ha recentemente fatto condannare Percy Schmeiser, agricoltore canadese, ad una multa di circa 22 milioni di lire per «pirateria» di colza transgenica. L’interessato ha contrattaccato accusando la Monsanto di avere accidentalmente inquinato i suoi campi di colza tradizionale con colza transgenica tollerante al Roundup.

Ma la giustizia è in grado di stabilire l’origine di un inquinamento genetico? Questo caso, che rischia di ripresentarsi, mostra la difficoltà di contenere le disseminazioni accidentali di OGM.

In Francia, queste sono sottoposte alla legge del silenzio. Nel marzo del 2000, diversi lotti di semi convenzionali di colza primaverile della società Advanta, contaminati da semi OGM di un’altra società, sono stati seminati in Europa.
Le piante sono state distrutte. Nell’agosto 2000, alcune varietà di colza invernale, controllate dalla Dgccrf, hanno rivelato contaminazioni da semi OGM.

Ma nessun OGM di colza è ancora autorizzato per la coltivazione o il consumo in Francia.
Già da ora, la tracciabilità mostra le sue crepe. Le contaminazioni fortuite sono sempre più frequenti.

Un responsabile sanitario della Lombardia ha recentemente denunciato la presenza di OGM in lotti di semi di soia e di mais della Monsanto. OGM sono stati rilevati in stock di semi di mais depositati a Lodi, vicino a Milano.
La pressione in Europa salirà, visto che la soia importata – ormai massicciamente transgenica – sostituirà le farine animali oggi proibite.

Ma l’obiettivo delle industrie che producono semi transgenici non è forse quello di vedere sparire la filiera senza OGM, contando sugli alti costi di controllo che essa comporta? È probabile che nei prossimi anni gli agricoltori trovino sempre maggiori difficoltà a procurarsi semi provenienti da questa filiera. La ricerca mondiale si orienta verso i semi transgenici, e dunque non è impensabile che le varietà non-OGM finiscano con l’essere inadatte all’evoluzione delle tecniche agricole, se non completamente obsolete.

Si può dunque dubitare della «trasparenza» mostrata dalla Monsanto.
Il consumatore dipende delle informazioni fornite dall’impresa. Ogni costruzione genetica è considerata un brevetto e non esiste alcun obbligo legale, per una società, di fornire il test a laboratori privati per eseguire analisi di controllo.
In Francia, la descrizione di una costruzione genetica è depositata presso la Dgccrf che è la sola a poter effettuare analisi. Non essendo però abilitata a farlo a titolo commerciale, non può essere utilizzata a questo scopo da consumatori o industriali.
Il consumatore dovrà dunque accontentarsi di sapere che l’industria commercializza i semi solo dopo che questi hanno ricevuto l’autorizzazione a essere utilizzati per l’alimentazione umana e dopo essersi impegnata a «rispettare le preoccupazioni d’ordine religioso, culturale ed etico nel mondo non utilizzando geni provenienti dall’uomo o da animali nei [suoi] prodotti agricoli destinati all’alimentazione umana o animale». La recente nomina alla direzione dell’Epa americana di una ex dirigente della Monsanto, Linda Fischer, fa pensare che non solo la nuova Monsanto non è fuori legge, ma mira a fare la legge.

Note:
(1) Leggere Jean-Pierre Berlan e Richard C. Lewontin, «Un racket confisca la materia vivente»,
Le Monde diplomatique/il manifesto, dicembre 1998.
(2) Il rischio di disseminazione incontrollata è stato uno dei motivi invocati da Josè Bové e da altri due contadini per giustificare la distruzione di piante di riso transgenico nelle serre del Centro di
cooperazione internazionale e ricerca agronomica per lo sviluppo (Cirad), avvenuta a Montpellier nel 1999.
I tre militanti, condannati il 15 marzo scorso a pene detentive con la condizionale, hanno presentato ricorso.
(3) I tipi delle Editions de l’Institut national de la recherche agronomique (Inra) hanno pubblicato un fumetto
(La Reine rouge, testi e illustrazioni di Violette Le Quéré Cady, Parigi, 1999) la cui lettura e utilizzazione sarebbe, diciamo, raccomandata al personale della Monsanto. Si tratta di un panegirico a favore degli OGM, in nome della pericolosità degli insetticidi.
(4) Cifre citate da Caroline Cox, «Glyphosate», Journal of Pesticide Reform, autunno 1998, vol. 18, n° 3, pubblicato dalla Northwest Coalition for Alternatives to Pesticides.
(5) Leggere a questo proposito il lavoro di Mohammed Larbi Bouguerra, La Pollution invisible, Puf, Parigi, 1997.
(6) http://www.carbonoffset.org.
(Traduzione di G. P.)

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Scandalo: uno studio rivela che il mais OGM della Monsanto danneggia gli organi (OGM1)”.
In uno studio pubblicato dalla rivista International Journal of Biological Sciences, analizzando gli effetti di alimenti geneticamente modificati in materia di salute dei mammiferi, i ricercatori hanno scoperto che il mais geneticamente modificato dal gigante Monsanto GM è legata a danni agli organi nei ratti. Secondo lo studio, che è stato riassunto da Rady Ananda nel blog Food Freedom: tre varietà di mais geneticamente modificato dalla Monsanto GM – il Mon 863, il Mon 810, e il NK 603 – sono state approvate per il consumo da parte di autorità per la sicurezza alimentare degli Stati Uniti, della Comunità Europea e di altri Paesi.
La Monsanto GM aveva raccolto i suoi dati grezzi statistici dopo aver condotto uno studio di  soli 90 giorni, anche se problemi cronici raramente possono essere riscontrati dopo soli 90 giorni.
La Monsanto aveva frettolosamente concluso che il mais era sicuro per il consumo.
Concludendo lo studio, lo International Journal of Biological Sciences scriveva:
Gli effetti sono stati concentrati soprattutto in funzione dei reni e del fegato, i due principali organi di disintossicazione della dieta, ma nel dettaglio i tre OGM differivano tra loro. Inoltre, sono stati anche più volte rilevati alcuni effetti sulle cellule del cuore, del surrene, della milza e del sangue. Così come esistono normalmente delle differenze di genere sessuale nel metabolismo del fegato e reni, i disturbi altamente significativi nella funzione di questi organi, verificati tra ratti maschi e femmine, non possono essere liquidati come insignificanti sul piano biologico, come pure è stato proposto da altri ricercatori. Dobbiamo quindi concludere che i nostri dati suggeriscono fortemente che queste varietà di mais OGM sono in grado di indurre uno stato di tossicità epatorenale…
Queste sostanze non sono mai state parte integrante della dieta umana o animale e quindi la loro conseguenze sulla salute di coloro che li consumano, specialmente in periodi di tempo lunghi sono attualmente sconosciute.
La Monsanto ha immediatamente replicato a questo studio, affermando che la ricerca è  basata su metodi analitici e ragionamenti errati e e non mettono in discussione la valutazione di sicurezza per questi prodotti.
Gilles-Eric Séralini, autore dello studio del International Journal of Biological Sciences, ha così risposto alla comunicazione della Monsanto sul blog Food Freedom: Three Approved GMOs Linked to Organ Damage
Il nostro studio contraddice le conclusioni Monsanto. perché Monsanto trascura sistematicamente gli effetti significativi sulla salute nei mammiferi che sono diversi nei maschi e nelle femmine che si alimentano con OGM, o non proporzionale alla dose.
Questo è un errore molto grave, drammatico per la salute pubblica.
Questa è la conclusione principale emersa dal nostro lavoro, l’unica analisi accurata dei dati grezzi statistici della Monsanto.
Fonte: http://www.truth-out.org/article/three-approved-gmos-linked-organ-damage

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La Monsanto, multinazionale della chimica da qualche anno anche leader nelle biotecnologie e nella produzione di sementi transgeniche, è accusata di aver scaricato in Inghilterra numerosi rifiuti tossici risultato degli scarti della lavorazione industriale . La multinazionale avrebbe pagato 100 milioni di sterline per seppellire nel Galles del sud rifiuti speciali che hanno contaminato non solo il terreno ma anche tutta la catena alimentare.

In una discarica di Groesfaen, nei pressi di Cardiff, sono stati ritrovati materiali la cui tossicità è acclarata da anni: diossina, policlorobifenili, derivati dell’agente orange, un misto di due erbicidi il 245T e il 24D, che furono usati dai militari statunitensi nella guerra in Vietnam per la distruzione delle foreste.
Tutti questi materiali sono stati sepolti in un terreno senza seguire le norme previste per i rifiuti speciali, nonostante il prezzo elevato pagato dall’industria per “infossare” questo materiale.

La notizia ha fatto molto scalpore in Gran Bretagna soprattutto quando si è scoperto, da indiscrezioni in merito ad alcuni rapporti segreti, che la Monsanto già dai primi anni 60 era cosciente del forte potere inquinante dei propri scarti industriali e che analisi del terreno condotte in Galles nel 1977 avevano rilevano una forte concentrazione di inquinanti nel suolo, nelle acque e di conseguenza nella catena alimentare.
La notizia è riportata con dovizia di particolari sul quotidiano inglese The Guardian.

La Monsanto, fondata nel 1901 a East Saint Louis, nell’Illinois, ha cominciato al sua attività producendo saccarina. Durante la grande depressione del 29 mentre l’economia americana colava a picco, la Monsanto rileva una piccola industria che produceva una nuova serie di composti i policlorobifenili, detti PBC. Inerti, resistenti al calore, utili all’industria elettrica e usati come liquidi refrigeranti nei trasformatori, i PBC fanno la fortuna dell’industria chimica. Negli anni quaranta la Monsanto passa alla produzione di diossine e comincia a fabbricare l’erbicida 245T che diventerà tristemente noto per due motivi: verrà usato nelle sterminate praterie americane bruciando non solo i parassiti ma anche ogni forma di vita tanto da rende re il terreno in fertile; per queste sue immense capacità distruttive verrà usato durante la guerra in Vietnam per distruggere le foreste e stanare i vietcong,
Agli inizi degli anni novanta la Monsanto ha cominciato ad interessarsi di biotecnologie con una particolare attenzione nei confronti della produzione di sementi transgeniche.

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OGM, quel mais Monsanto è tossico
Il mais Mon863, già approvato dalle UE (unione europea) per il consumo umano, è nocivo per i topi da laboratorio. Greenpeace ne chiede il ritiro dal mercato

Il professor Veronesi, che è in tournée per sponsorizzare il suo libro – spot sugli organismi geneticamente modificati, ha detto che «gli OGM dovrebbero cambiare nome: non più modificati, ma organismi geneticamente migliorati». Si vede che non tutte le ciambelle riescono con il buco, se è vero che per la seconda volta il mais MON863 di Monsanto, messo sul mercato nel 2005 sia per il consumo umano che per uso mangimistico, grazie al solito lasciapassare della Commissione europea, ha mostrato segni di tossicità per gli organi interni (fegato e reni).
Il nuovo studio, pubblicato ieri dalla rivista Archives of Environmental Contamination and Toxicology, è stato condotto dal professor Gilles Eric Séralini, presidente del Comitato di ricerca e di informazione indipendente sulla genetica (Criigen).

«Le analisi di Monsanto – spiega Séralini – non superano un controllo minuzioso. I loro protocolli statistici sono altamente discutibili. Peggio, l’azienda non ha effettuato una sufficiente analisi delle differenze nel peso degli animali studiati. Dati cruciali dei test delle urine sono stati cancellati dal dossier dall’azienda stessa».
Secondo lo studio, il consumo di mais MON863 provoca l’alterazione di diversi parametri biologici (peso di reni e fegato, tasso di globuli rossi e trigliceridi) e la modificazione dell’urina.

Effetti che variano a seconda del sesso. «Nelle femmine – spiega – si osserva un aumento dei grassi e del zucchero nel sangue e un aumento del peso del corpo e del fegato, il tutto associato a una grande sensibilità epatica; nei maschi, è il contrario, con una perdita di peso nel corpo e nelle reni».
Greenpeace, che insieme a Carrefour ha finanziato lo studio (è complicato ottenere finanziamenti pubblici per fare ricerca indipendente sugli OGM), chiede il ritiro immediato dal mercato del mais Monsanto. «L’attuale sistema autorizzativo per gli OGM non ha più alcuna credibilità dopo che è stato approvato un prodotto ad alto rischio nonostante chiare evidenze dei possibili pericoli», dice Federica Ferrario di Greenpeace.
I dati in questione, infatti, sono stati oggetto di un feroce dibattito fin dal 2003, quando sono state riscontrare alterazioni nel sangue degli animali.

E’ la prima volta che un OGM autorizzato per il consumo umano dà segni di tossicità nei topi da laboratorio, eppure è impossibile sapere se i cittadini se lo sono già mangiato (con una concentrazione inferiore allo 0,9% non c’è obbligo di etichetta).
Di sicuro, invece, gli OGM vengono ingurgitati da tutti gli animali che forniscono carne e latte. O quasi.
Il Consorzio produttori della Fontina, per esempio, ha fatto sapere che darà solo mangime «pulito» alle vacche da latte. Ma non tutta l’industria casearia ha il coraggio di dire no agli OGM per garantire prodotti sempre più qualificati, compresi quei formaggi che sono il nostro fiore all’occhiello del «made in Italy» nel mondo.
Tratto da www.informationguerrilla.org – 15 marzo 2007 – By Luca Fazio.

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Il mondo secondo Monsanto: intervista all’autrice Marie-Monique Robin
– By Marie-Monique Robin – 31/03/2009 – Fonte: il consapevole
Marie-Monique Robin racconta come è nato il progetto del libro e del film “Il mondo secondo Monsanto” e traccia la storia della nascita degli OGM resistenti al pesticida Roundup.

Perché ha scelto di parlare di Monsanto ?
Avevo già fatto tre film sui temi della biodiversità e tutte le volte, nel corso delle mie ricerche mi ero imbattuta nella Monsanto. Chiaramente avevo già sentito parlare di Monsanto, perché mi ero già interessata agli OGM e alle biotecnologie anche se in maniera superficiale. Ad un certo punto mi sono detta che occorreva indagare approfonditamente su Monsanto: la multinazionale leader mondiale nel settore delle biotecnologie e nella produzione di organismi geneticamente modificati il cui scopo principale è quello di impossessarsi di tutte le sementi del mondo.

Come è cominciato il progetto ?
Ho cominciato facendo ricerche in rete. La prima cosa che ho fatto è stata digitare sul motore di ricercala parola “Monsanto”: ho riscontrato 7 milioni di occorrenze. Successivamente ho digitato “Monsanto inquinamento”, “Monsanto corruzione” e via dicendo: tutto era già su internet, centinaia di articoli parlavano della multinazionale, la storia era già praticamente tutta lì.
È così che è cominciata: ho fatto ricerche in rete per quattro mesi e più andavo avanti più comprendevo quanto la storia di Monsanto – un’azienda chimica fondata da oltre un secolo che stava acquistando tutte le aziende semenziere del pianeta – fosse assolutamente controversa.
Da qui è nato il progetto di raccontare la storia dell’azienda dalla sua nascita fino ad oggi per cercare di capire se il suo passato potesse portare luce sul presente. Come tutti ormai sanno gli OGM sono un argomento controverso, caldo: il mio interesse era capire come Monsanto fosse diventata leader incontrastato in questo settore proponendosi al pubblico (si veda a questo proposito il suo sito internet) come risolutrice dei problemi della fame del mondo e come produttrice di organismi geneticamente modificati che non presentano alcun rischio per la salute umana.
Alla luce della sua storia industriale, possiamo credere alla Monsanto quando si presenta in questo modo ?

Quali sono le caratteristiche degli OGM prodotti e utilizzati da Monsanto ?
Oggi al mondo esistono due categorie di OGM – e ricordo che Monsanto possiede il 90% degli organismi geneticamente modificati coltivati nel mondo. La prima categoria, circa il 70% del totale, è costituita da piante OGM capaci di resistere all’erbicida Roundup(parimenti prodotto da Monsanto). Monsanto ha sempre dichiarato che il Roundup è innocuo per l’ambiente e biodegradabile: menzogne. Per questo tipo di pubblicità menzognera Monsanto è stata condannata sia a New York che recentemente in Francia. E, cosa ancora peggiore, se si vedono tutti i documenti presenti in rete relativi alle ricerche condotte sugli effetti del Roundup appare evidente il fatto che la commercializzazione dell’erbicida dovrebbe essere assolutamente vietata. Questo 70% di OGM è stato creato per resistere all’erbicida: gran parte della soia e della colza che noi mangiamo presenta tracce di Roundup, ma sulla pericolosità di questi residui per la salute umana e animali non sono stati fatti studi.
La seconda categoria di OGM è composta da quei semi che sono loro stessi in grado di produrre una tossina insetticida, il Bt (Bacillus thuringiensis): anche sugli effetti del Bt sulla salute umana non sono stati condotti studi.
Prima di iniziare a lavorare a questo progetto, personalmente non avevo pregiudizi sugli OGM: credevo alle informazioni che passano sui media ed essendo figlia di agricoltori, quando tornavo nella mia regione, non sentivo discorsi preoccupati su questo tema. Ma bisogna ben comprendere una questione fondamentale, la grande manipolazione a cui tutti siamo stati sottoposti.
La storia degli OGM comincia negli Stati Uniti: Monsanto stava per perdere l’esclusività del brevetto (che dura 20 anni) sul Roundup – l’erbicida più venduto al mondo: la formula stava per essere liberalizzata e altre industrie avrebbero potuto produrlo.
A questo punto entrano in scena gli OGM resistenti al Roundup: Monsanto comincia a produrli per non perdere le vendite dell’erbicida.
Da allora, nel momento in cui negli Stati Uniti un coltivatore decide di piantare sementi OGM è obbligato a firmare due contratti: il primo in cui si impegna ad acquistare tutti gli anni i semi brevettati, il secondo contratto obbliga all’acquisto del Rondup prodotto esclusivamente da Monsanto.
È all’inizio degli anni Ottanta che Monsanto comincia a lavorare alla realizzazione di OGM che resistano al Roundup: non si tratta di super magnifiche piante in grado di risolvere il problema della fame nel mondo, ma di organismo messi punto per non perdere la preminenza mondiale sul mercato dei pesticidi.
Tratto da: arte.tv

Raccolta a cura di CIR – cir.informa@gmail.com