C’era una volta internet… ora c’è “solo” facebook

Treia –  Nell’immagine: Paolo D’Arpini al computer

Proprio in questi giorni stavo notando come le notizie e gli articoli che appaiono su internet nei vari blog e siti informativi vengono molto spesso manipolate, trasformate e ridicolizzate attraverso il gossip di Facebook. Non si fa in tempo a pubblicare qualcosa di serio che subito vine rivenduta a prezzi stracciati ed il senso modificato sino alla totale trasformazione. Da nero diventa bianco, oppure viceversa.  Avevo capito come Facebook fosse un pericolo per l’informazione già alcuni anni addietro, quando mi ero iscritto e poi cancellato. Poi ho pensato che comunque è meglio esserci che non esserci, e mi sono re-iscritto con il nomignolo di Saul Arpino.  In fondo nel bisbiglio del pissi pissi bau bau, dei mi piace, dei commenti kilometrici sul nulla, delle immagini demenziali condivise da vagonate di “amici” ci poteva stare anche qualche informazione “vera”. In fondo non siamo anche noi mescolati in questa massa amorfa di alienati che è la società moderna? Cosa possiamo farci… non possiamo mica seguire l’esempio di Friedrich Wilhelm Nietzsche che non ce l’ha fatta più a sopportare l’imbecillità umana e si è suicidato. Noi precursori non dobbiamo suicidarci, dobbiamo solo essere presenti senza aspettative… se vogliamo che una traccia di intelligenza permanga nell’umanità. Beh, ho scoperto che qualcuno la pensa come me (o quasi), leggete l’articolo che segue e giudicate voi…

(Paolo D’Arpini)

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Se facebook  distrugge internet

……A partire da quando i giornali sono diventati un fatto ordinario fino al 1990, per la vasta maggioranza della popolazione sul pianeta, il massimo a cui si poteva aspirare era scrivere una lettera all’editore. Una piccola, piccolissima parte di popolazione diventava invece autore o giornalista ed aveva un forum pubblico aggiornato occasionalmente o regolarmente.

Alcuni scrivevano anche ciò che oggi sarebbe considerato un blog annuale di Natale che poi fotocopiavano e mandavano a qualche dozzina di amici e parenti.

Numerose agenzie giornalistiche indipendenti iniziarono a svilupparsi attorno al 1960 in modo occulto nelle città e paesini negli Stati Uniti e altri paesi. Si svilupparono, inoltre, diverse opinioni e informazioni di semplice accesso per tutti quelli che abitavano vicino alle università e quindi potevano recarsi a incontri di scambio di informazioni e avevano soldi in più da spendere.

Negli anni 90, con lo sviluppo di internet -siti web, liste di email- ci fu letteralmente un esplosione della comunicazione che rese le agenzie giornalistiche degli anni ’60 nemmeno lontanamente comparabili. Sono molti negli Stati Uniti coloro che hanno deciso di smettere di usare il telefono in modo virtuale (perché preferiscono parlare faccia a faccia) e parlo per esperienza. Molti altri che non avevano mai scritto lettere prima o cose di questo genere iniziarono ad usare computer e scriversi email, e anche a più persone alla volta.

Quei pochi che invece erano abituati ai tempi prima di internet a inviare notiziari in modo regolare informando dei propri pensieri e impegni futuri, prodotti e servizi intesi per la vendita

eccetera, furono esaltati dall’avvento dell’email e della possibilità di inviare notiziari in modo così semplice, senza spendere una fortuna per le marche da bollo né sprecare tempo a imballare pacchi postali. Per un breve periodo di tempo, il numero di lettori rimase invariato, ma grazie a Internet ora possono comunicare con loro virtualmente e gratuitamente.

Questo, infatti, fu il periodo di massimo sviluppo di Internet, altresì chiamato “età dell’oro”- circa tra il 1995 e il 2000. Sussisteva in modo sempre più incisivo il problema degli spam di vario genere.Inutili email venivano inviate in modo sempre più consistente. I filtri per gli spam iniziarono a diventare più accurati ed eliminarono il problema per molti di noi.

I list server che qualcuno si prendeva la briga di leggere erano semplici liste di annunci. I siti web più usati erano certamente interattivi ma moderati, come Indymedia. In alcune città del mondo, grandi o piccole che fossero, c’erano pagine locali Indymedia. Chiunque poteva pubblicare post, ma c’erano responsabili che decidevano se ed eventualmente dove lo si poteva pubblicare.

Come in ogni pagina web, il processo per prendere determinate decisioni risulta difficile, ma molti la sentivano come una sfida per cui valeva la pena sforzarsi. Come risultato di questi list server e siti moderati come Indymedia, avevamo tutti l’abilità inaudita di trovare e discutere idee ed eventi che avvenivano nella nostra città, paese o più generalmente, nel mondo.

Sono poi sopravvenuti i blog e i social network. Ogni individuo con un blog, una pagina Facebook o un profilo Twitter, eccetera, diventava il trasmettitore di se stesso. Crea dipendenza, non è vero? Sapere di avere un pubblico globale di dozzine o centinaia, o ancora, migliaia di persone (se sei famoso tanto per iniziare, altrimenti la situazione diventa alquanto critica) tutte le volte che pubblichi un post. Avere conversazioni nella sezione dei commenti con persone provenienti da tutto il mondo che non si incontreranno mai fisicamente. Davvero fantastico.

Da allora però molti smisero di ascoltare. La maggior parte delle persone smise di visitare Indymedia tanto che morì, globalmente, per quasi tutti. Giornali- di destra, sinistra o centro che fossero- cessarono, e stanno tuttora cessando, la loro attività, cartacei e non. I list server smisero di esistere. Gli algoritmi sostituirono i moderatori. La gente iniziava già a pensare che le librerie fossero un fenomeno antiquato.

Oggi come oggi, a Portland, in Oregon, una delle città più “connesse” a livello politico negli Stati Uniti, non ci sono list server o siti web che spieghino in modo comprensibile o in un formato leggibile come vadano le cose in città. Infatti, ci sono diversi gruppi su vari siti web, pagine Facebook e list server ma nulla che riguardi l’andamento progressivo della comunità in generale. Nulla di funzionale. Perlomeno nulla che si avvicini alla funzionalità e utilità delle liste di annunci che esistevano nelle città e paesi 15 anni prima.

Viste le limitazioni tecniche di Internet avvenute per un breve periodo di tempo, si riuscì a trovare una connessione tra le piccole elites che fornivano contenuti scritti letti dalla maggior parte della popolazione nel mondo, e la situazione in cui ci troviamo oggigiorno: l’affondare nella troppa informazione, la maggior parte di cui insensate sciocchezze, rumore bianco, nebbia che non ci permette di vedere ciò su cui le luci scarse fanno chiarezza in un dato momento.

Era l’età dell’oro ma fu perlopiù un caso e durò molto poco. Dato che creare un nuovo sito web, un blog, una pagina Facebook o Myspace, pubblicare aggiornamenti ecc.. diventava sempre più semplice, la nuova era contribuiva inevitabilmente alla naturale evoluzione della tecnologia.

E molti non si rendevano nemmeno conto di ciò che stava avvenendo.

Perché mi ritrovo a doverlo dire? Innanzitutto non è da poco che ho iniziato a rendermi conto di questa merda.Ho parlato con svariate persone in molti anni e molte di queste pensano che i social network siano l’invenzione migliore dopo il pane affettato. E perché non dovrebbero pensarlo?

Il succo del discorso è che per nessun motivo avrebbero potuto rendersi conto della “morte” di Internet, dato che nessuno di loro era un fornitore di contenuti (come vengono chiamati autori, artisti, musicisti, giornalisti, organizzatori, animatori, insegnanti ecc.. oggigiorno) nel periodo pre internet, o nel primo decennio di Internet, inteso come fenomeno popolare . E se in quegli anni non eri un fornitore di contenuti, perché dovresti renderti conto che qualcosa cambia?

Lo sappiamo io e gli altri come me- perché coloro che leggevano e rispondevano a ciò che pubblicavo sono spariti. Non aprono più le loro email e, se lo fanno, non le leggono. E non importa cosa utilizzino- blog, Facebook, Twitter ecc.. Ovviamente alcuni le leggono ancora, ma la maggior parte fa altro.

E cosa allora? Ho passato gran parte della scorsa settimana a Tokyo, girando per la città, trascorrendo ore e ore sui treni ogni giorno. La maggior parte di quelli seduti sul treno quando visitai il Giappone per la prima volta dormiva, come dorme ora. Ma sette anni fa quasi tutti quelli che dormivano leggevano libri. Ora è diventato difficile vederne uno. Quasi tutti guardano il cellulare. E non leggono libri sul telefono (si, ho sbirciato. Tanto.). Giocano oppure, più spesso, guardano le notifiche di Facebook. E lo stesso vale per gli Stati Uniti e tutto gli altri paesi che ho avuto l’occasione di visitare. Vale davvero la pena di sostituire algoritmi a moderatori? Rumore bianco agli editori? Foto del gatto ai giornalisti investigativi? Una moltitudine di podcasts mal registrati a case discografiche indipendenti? Milioni di aggiornamenti Facebook e notifiche Twitter?

Non penso. Ma non è questo il punto. Come faremo ad uscire da questa situazione e liberarci della nebbia? E quando torneremo a usare i nostri cervelli? Mi piacerebbe saperlo.

David Rovics

Fonte: http://www.counterpunch.org/2014/12/24/how-facebook-killed-the-internet/
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HAJAR MOUNIR

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Articoli in sintonia:

http://paolodarpini.blogspot.it/2011/10/facebook-impicciona-e-troglodita-taglia.html

http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/08/facebook-twitter-e-compagni-ovvero-la.html

http://www.wikileaks-forum.com/italian/508/-io-ce-lho-con-wikileaks-con-facebook-con-google-e-con-internet-in-general/5360/

2 pensieri su “C’era una volta internet… ora c’è “solo” facebook

  1. Caro Paolo, leggendo la tua introduzione mi sono trovata in sintonia con te, da subito. Poi ho proseguito senza capire che non eri più tu a scrivere… infatti il tono era ben diverso e mi stupiva, anche se l’ho trovato interessante ed esplicativo di come certe tendenze e dipendenze si evolvono o involvono poi nel tempo.
    Come sai utilizzo molto FB, un po’ per la pigrizia di creare un mio blog – e soprattutto gestirlo bene – un po’ perché se sto bene attenta cerco di usarlo per lo scopo che mi sono prefissata. “Manipolando” i tuoi scritti e ciò che pubblichi, spero di non essere tra quelli che stravolgono il tuo/loro pensiero, nel caso ti pregherei di dirmelo, perché ritengo che il passaggio non debba diventare come la “calunnia” della famosa opera… Montale aveva scritto una poesia e l’aveva fatta tradurre in 15 lingue, passando da una traduzione all’altra… l’ultima era nuovamente l’italiano. Il risultato fu deludente, perché il passaggio aveva fatto perdere l’essenza dello scritto… Grazie, passerò su FB!

    • Cara Franca, nulla a che vedere con la tua preziosa collaborazione… il mio era un riferimento generale all’uso di facebook (quasi esclusivamente dedicato al gossip) ed alla riedizione di articoli arbitrariamente riaggiustati ad usum delphini magari senza nemmeno citarne la fonte
      Grazie

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