Case di terra e storie bioregionali

Buongiorno caro Paolo, …tempo fa ho letto non ricordo dove un articolo in cui si raccontava che in un paese delle Marche che potrebbe essere benissimo Treia,  oppure Petriolo ma anche Corridonia, un podestà avesse deciso di coprire con dei grandi teli delle case di terra perché indecorose alla vista durante la visita di un noto gerarca fascista.


Eppure è  il frutto più bello dell’autarchia la laboriosità espressa in quel mondo di paglia nella forma dell’auto-costruzione della casa con materiali naturali approvvigionati sul luogo.
In un certo senso l’onda di energia   della campagna del grano è arrivata quasi fino a noi, ricordo negli anni sessanta andavo in giro nella periferia urbana di Pescara con la bicicletta tra campi di grano a perdita d’occhio. Un odore mostruoso, la sera le lucciole, i silenzi,  il fruscio tra le fronde.  Poi il progresso decise di sostituirli con capannoni, centri commerciali, svincoli, discariche, strade, inquinamento.
Ma prima di quello,  una sera Giovanni torna barcollando verso casa, sulla strada nel bel fresco della sera la luna gioca con le nuvole nel cielo, qualche cane abbaia in lontananza, si ferma a fare la pipì, scaricando parte del vino che ha in corpo. Percorre la strada nota su e giù diverse volte ma la casa non la trova, niente, scomparsa!
 
Preso dalla preoccupazione quasi nel panico inizia a chiamare forte la moglie: “MARIA, MARIA!..”,  da lontano si sente una voce: “GIOVANNI SONO QUA!” – “qua  dove?” –  “segui la mia voce!”.  Avvicinandosi Giovanni dice: “Maria ma che hai fatto hai nascosto  la casa?” – “non l’ho nascosta io!” – “e chi l’ha nascosta?” –  “..il podestà! l’ha fatta coprire, dopo sono passati degli uomini su una macchina nera tutti vestiti di nero!  Ma perché l’ha fatta coprire non lo so, forse a quegli uomini vestiti di nero non piaceva il bel colore della casa  nostra!”.   
Nel frattempo Giovanni rinfrancato riesce ad entrare tra i teli e abbraccia la casa dicendo: “quanto è bella casa mia, la più bella che ci sia!”.

A quel punto tira fuori la chiave dalla tasca e barcollando cerca di infilarla nella toppa. Maria dalla finestra dice: “Giova’ pure stasera hai bevuto?” –  “..e un poco!” –  “ti butto la chiave?” –  “quella ce l’ho, buttami la toppa!”
 
Ferdinando Renzetti – f.renzetti@casediterra.it
Costruzione di una casa di terra e paglia

2 pensieri su “Case di terra e storie bioregionali

  1. Integrazione/commento di Ferdinando Renzetti:
    “idee ben confuse alle ore nove e ventotto minuti,in una mattina di giovedì del
    lontano ventinove gennaio del duemilaequindici anno domini.

    a commento dellarticolo di ieri sulla casa di terra nascosta vorrei dire che
    rappresenta perfettamente la contrapposizione tra cultura storica-cultura
    dominante, macchina nera uomini neri e la cultura naturale-cultura subalterna,
    giovanni maria e la casa di terra.

    al dila di queste considerazioni intellettualistiche vorrei citare le parole del
    grande poeta cantore dellepopea meridionale del novecento, nato nel 1925 che
    ha vissuto a pieno quegli anni ad apricena in provincia di foggia la più grande
    povertà e miseria e analfabetismo riscattandosi con la dolcezza della sua
    chitarra e la forza poetica delle sue parole.

    lo stato e’ un lupo di pietra
    non morde perche non ha i denti
    ma rimane il lupo e le povere
    pecorelle meridionali con problemi di cibo
    senza pastore ne hanno paura

    semprepoveri
    noi siamo stati
    scancellateci dalla società
    per noi poveretti
    pieta non ce ne sta

    eravamo tristi
    più i giorni passavano
    più la vita era nera
    nel buio ci stringevamo le mani
    eravamo muti cechi e sfasciati
    siamo stati servili
    schiavi e maltrattati
    i ricchi a noi
    ci hanno sempre affamato

    lu sol je sciut
    lu sol je sciut

    tornando a maria e giovanni, sapevano bene che andare alla cantina a bere e
    giocare a carte era un destino cui giovanni non poteva sottrarsi pena
    l’esclusione dalla comunità o lo scherno. il giocare e il vino facevano parte
    di un codice una specie di rito di quel quinto elemento scomparso l’etere,
    cui l uomo tradizionale non poteva sottrarsi pena l’esclusione dalla
    collettività e il linciaggio verbale e morale

    carta che vince carta che perde…
    volta la carta trovi…te stesso!

    le carte scoprono destini improbabili
    gli amici raccontano storie memorabili
    tra futuro e passato!

    oggi sento e tiro fuori i sogni dal cassetto!
    veramente e’ una armadio più che un cassetto!

    bbona jurnat a tutt quind da firdinand rinzitt

    dal meridione regno del sole terra degli uomini”

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