Nazi-Vegani… o rappresentanti di una nuova etica?

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C’è chi considera  estremista chiunque cerchi di essere coerente con le cose in cui crede.  Anche essere troppo onesti, preoccuparsi troppo del bene del prossimo per alcuni è considerato estremismo. Ma se è estremismo chiedere rispetto per tutti gli esseri viventi i primi estremisti sono stati, e sono, gli uomini più illuminati della terra che hanno superato la visione antropocentrica nella visone dell’Uno: “Non si può cogliere un fiore senza turbare le stelle”.

Noi siamo coloro che rifiutano di nuocere a qualunque essere senziente; la nostra bandiera, la nostra etica,  (nostro fiore all’occhiello) è la non violenza in senso universale;  per questo il nostro è un estremismo vitale, benefico, positivo. C’è un estremismo positivo ed uno negativo, quello negativo genera intolleranza, prevaricazione, violenza, ingiustizia; quello positivo tende all’inclusione dell’altro, al rispetto del lontano, del diverso, pur consapevoli della graduale maturità civile morale e spirituale dell’uomo.

Ma il nostro estremismo suscita sensi di colpa in chi si sente giudicato e vede messo in pericolo uno dei piaceri fondamentali della sua vita, quello della gola. Certe persone preferiscono non sentire, non sapere  non vedere gli effetti prodotti dalle loro scelte alimentari: a loro non importa se le loro abitudini causano dolore e morte a tante creature innocenti, perché considerano preminente il loro piacere alla vita di un animale.

E’ offensivo equiparare l’estremismo di un movimento politico o religioso alla volontà  vegan/animalista che rifiuta di nuocere a qualunque essere vivente. Estremisti sono coloro che, chiusi nella loro limitante visione della vita, intollerabilmente rinunciano ad includere nella loro sfera percettiva anche gli animali, spesso migliori degli uomini.

Ci considerano estremisti perché riteniamo che uccidere un bue per noi è come uccidere una lucertola. Ma per noi la differenza è solo nella dimensione fisica, non nel valore della vita,  né nella capacità di percepire il dolore e l’angoscia del vivente.

Ci considerano estremisti perché rifiutiamo di utilizzare anche i derivati degli animali, cioè latte, formaggi, uova, miele, di non indossare pellicce, pelli o lane: per noi significa condannare ugualmente alla prigionia a vita, alla sofferenza perpetua e alla morte moltissimi animali.    

Chi può capire quale dolore e quanta disperazione prova un vero animalista che condivide l’angoscia ed il terrore di tante creature private ingiustamente della loro libertà e crudelmente uccise dall’egoismo umano? Noi siamo coinvolti fin dal profondo e ogni animale ucciso è come se una parte di noi fosse ferita, uccisa ogni istante, ogni giorno;  come se una persona a noi cara fosse senza scampo e senza possibilità di difesa in mano a gente rozza, insensibile e crudele.   

            Nessuno oserebbe tacciare di estremismo una madre che impreca contro la violenza e l’uccisione del proprio figlio. Eppure se noi cerchiamo di rendere consapevoli degli effetti prodotti delle scelte, parlando di un simile dolore degli animali; se cerchiamo di evidenziare non un reato qualsiasi ma un massacro di proporzioni apocalittiche in cui vengono uccisi barbaramente milioni di esseri miti, indifesi ed innocenti, allora per qualcuno siamo gente strana, estremista. La nostra coscienza ci impone di difendere indistintamente l’uomo e l’animale. Per questo noi siamo estremisti.

            E c’è chi cerca il pelo nell’uovo in un patetico tentativo di screditare la scelta vegan, pronto ad accusarti di incoerenza quando magari per distrazione il vegan ha addentato un biscotto al latte. Naturalmente questi soggetti guardano alla pagliuzza che c’è nell’occhio dell’altro e non vedono la trave che è nel proprio occhio. Gente chi si rifiuta da portare un chilo ma rimprovera l’altro perché ne porta soltanto 99.

Franco Libero Manco

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