Sirolo “non è un mare per vecchi” ed a Treia son nati due piccioncini – Dal diario di Caterina Regazzi (luglio 2015)


 

Come Paolo ha annunciato sul Giornaletto di ieri (del 25 luglio), sono tornata a Treia da una breve vacanza al mare. Sono stata con mia figlia due giorni a Sirolo, splendido paesino della Riviera del Conero, a picco sul mare. Per scendere in una delle sue spiagge dal mare azzurro, ma composte da sassolini più o meno grandi si devono fare o scalinate, o sentieri o seguire strade solo in parte asfaltate, terminando il percorso sempre con discese che mettono a dura prova gambe e soprattutto ginocchia. A volte al termine della discesa le gambe mi tremavano. Per fortuna c’è una bella organizzazione di pulman e navette che dagli alberghi o dalle piazzette ti portano almeno in prossimità della spiaggia. 

 

Le spiagge principali sono due: la spiaggia Urbani, più vicina all’albergo dove ero alloggiata, che mi è parsa un po’ più di elite, e quella di San Michele – Sassi Neri. La temperatura era elevata, la pelle era bianca (e come ha detto Paolo, lo è ancora), così me ne sono stata tranquilla sotto l’ombrellone a rimirare il mare e a leggere un bel libro di Jodorowsky: “Quando Teresa si arrabbiò con Dio”. 
 

 
Andare dall’ombrellone alla riva del mare senza scarpe è alquanto doloroso, non è certo una spiaggia adatta a fare passeggiate in riva al mare. Insomma, parafrasando un famoso film che però non sono mai riuscita a vedere, Sirolo, “non è un mare per vecchi”. 
 
Non posso non accennare alla presenza anche qui dei venditori stranieri di cui tanto si parla e di cui si è parlato anche sul Giornaletto  (http://saul-arpino.blogspot.it/2015/07/romagna-bella-romagna-in-fiore-lettera.html): a prescindere dal fastidio o meno che possono suscitare (a me – e non lo dico per farmi bella – non ne danno) mi domando come mai un fatto così palesemente abusivo (lavoro abusivo, vendita abusiva, merce di non si sa quale provenienza, organizzazione comunque perfetta – per chi ci specula sopra – reclutamento del personale, sistemazione in qualche modo di queste centinaia o migliaia di persone, che devono essere almeno portate nelle vicinanze e riportate indietro a fine giornata, pagate pochi euro – ne ho visti pochissimi vendere qualcosa – se non è schiavismo questo…. ditemi voi cos’è) dicevo mi domando come mai le istituzioni non fanno niente ma neanche le amministrazioni locali… e non lo dico per fastidio o razzismo, lo dico perché è una situazione poco pulita e ingiusta per questi stessi “lavoratori” che fanno attività massacranti sicuramente perché costretti.
Mi sembra che fra questi si distinguano (e li avevo già trovati in altre situazioni), dei venditori di libri. Ne abbiamo incontrati un paio, tutti e due allo stesso orario, verso sera, con la loro piccola pila di libri delle Edizioni dell’Arco, una casa editrice che nel retro di copertina si dichiara come Edizioni Gruppo Solidarietà Come Soc. Coop. di Milano. Sono tutti libriccini che riguardano storie africane. Due ragazzi entrambi senegalesi, dall’espressione affabile e sorridente, che ti danno la mano ed hanno una notevole capacità affabulatoria, tanto che io non riesco mai a dir loro di “no” ed infatti, ne abbiamo comprato uno al primo ed uno al secondo. Per il resto, alla sera, brevissime passeggiate, data la stanchezza (si sa che il mare stanca), in mezzo ad una piccola confusione di gente e ad odori di fritti che arrivavano dai lati del corso principale.
Abbiamo da subito dovuto rinunciare all’idea di una passeggiata sul Conero, idea che avevamo avuto e che ci aveva fatto scegliere Sirolo piuttosto che ad esempio, il più vicino e per me solito, Porto Recanati. Improponibile fare nella stessa giornata, mare e monte. Ci siamo dovute accontentare di guardarlo dalla spiaggia e di immaginare quanto sarà bello passeggiarci dentro, magari in una stagione meno calda.
Caterina Regazzi 
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P.S.  Al ritorno a Treia una piccola sorpresa: sul davanzale della finestra di una stanza un piccione (femmina) ha fatto un nido con due uova, una era già schiusa ieri ed oggi si è schiusa anche l’altra. Io e Paolo cerchiamo di disturbare poco i piccioncini… chissà se ce la faranno! Li abbiamo già chiamati Ciccì e Coccò (in memoria delle nostre galline che ora non ci son più).

 

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